L’avidità e la corruzione fioriscono anche a Natale.
(fonte: Comprensorio di Viggianello [PZ])
...SULLA VIA DEI CANTI
L’avidità e la corruzione fioriscono anche a Natale.
(fonte: Comprensorio di Viggianello [PZ])
LEGGENDA NATALIZIA LUCANA – Nella grotta di Betlemme Maria allattava il Bambino. Le sue mammelle erano però tanto piene che anche dopo la poppata il latte continuava a fluire. Con pazienza, Maria lo raccoglieva in una tovaglia. Ma ci fu un momento in cui Lei si distrasse e una goccia di latte fini per terra. Una rondine piena di freddo e di fame scese in picchiata per raccoglierla col becco e ingoiarla ma si bloccò… Quella goccia non era sua! Spiccò allora il volo verso l’ alto e là in cielo la consegnò a Dio. padrone di tutte le cose. Dio raccolse la goccia nel cavo della mano, ci soffiò sopra e la lanciò nel cielo buio. La goccia cominciò a vagare per il cielo e più avanti andava e più lasciava dietro di se una scia luminosa fatta di tante altre gocce. E così furono le ! Stretto Stretto tra le braccia, Maria portò il Bambino sulla soglia della grotta perché si incantasse a guardare quel luminoso fiume di latte. Poi, sorridendo con amore di madre, Gli disse: ‘fa’ che lungo questo fiume le anime si incamminino verso il Paradiso.’
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MARCORD.3 – SICCITA’– Ricordo alcune estati degli anni Cinquanta del secolo scorso in cui la canicola pareva far precipitare la fine delle cose e induceva a credere che non sarebbero tornate presto le nubi cariche d’acqua. Le fiumare si esaurivano, si attardavano sulle sabbie, inaridite in una luce giallognola, quasi bianca, tra i sparuti cespugli. E le donne coi barili facevano lunghe e pazienti code davanti le fontane pubbliche. Arrivava la tristezza, a volte la disperazione. I contadini allora andavano dal prete a reclamare una processione col Santo capace di scaricare le nubi gonfie d’acqua. E il Santo veniva portato in giro per le campagne seguito da donne scalze, a volte a capo coperto di spine, ora gementi ora a gridare a Lui che se ai campi non veniva tolta la sete, loro e i loro figli sarebbero morti di fame. Pioveva? Bisognava aver fede!
Ogni paese lucano aveva il suo “santo della pioggia”. Forse bisognerebbe tornare a portarli in processione per far riempire le dighe lucane… Loro però non possono riparare la tubature dell’acquedotto che perde per strada il 70% dell’acqua (dato ‘Sole24 ore’). Il guaio è che non c’è più fede: i ‘santi della pioggia’ se ne stanno abbandonati e solitari nelle loro nicchie e nessuno li prega per convertire gli intoccabili della Regione al bene comune. Ci fosse almeno un “assessore della pioggia”! Macché. Pazienza, tanto la pazienza è una moneta lucana stabile, molto stabile… Bisogna aver fede!...
AMARCORD – E’ novembre e ricordo che nel mio paese un tempo i funerali venivano celebrati secondo tariffa. Moriva in contadino. Lo vestivano col suo abito di nozze conservato per anni quindi si alzavano alte grida con colpi al petto e al proprio viso, strappi di capelli per le donne, con abbracci e baci di addio al morto con parole singhiozzanti e rimproveri dolci per aver tradito la famiglia andandosene. Seguiva una sommessa cantilena per raccontare quel poco di bello goduto e quel molto male patito in vita. Era il “pianto-elogio”, come lo si chiama in antropologia. Acuto intenso scomposto esso diventava all’arrivo del prete venuto a portarsi via per sempre quel povero Cristo senza speranza di resurrezione.
Non si gridava, invece, nelle case dei “signori” (avvocati, medici, farmacisti). Il pianto c’era, ma era contenuto. Siccome bisognava lasciare in paese un buon ricordo del defunto, veniva chiamata e pagata, una prefica. E lei, abito nero, voce squillante intonava una monodia straziante per narrare le buone azioni compiute dalla “santa anima benedetta” anche se tutti sapevano che santa non era stata e che davanti ad un cadavere vale anche la finzione.
Si formava il corteo funebre. Dalla sua composizione si capiva se era per un contadino o per un ‘signore’. Per il primo non si negava un solo prete e una semplice croce astile portata dal sagrestano. Il corteo per il ‘signore’ aveva corone di fiori, gli incappucciati della Confraternita della Buona Morte, gli spauriti orfanelli dell’ orfanatrofio e un po’ di preti in stola nera.
Anche in chiesa si notava la differenza. Dipendeva dal quattrini “offerti” al parroco. Una messa cantata con tre preti e un finale ‘Dies irae’ solenne, oppure soltanto un ‘requiescat in pace’ e l’aspersione della bara. Questo secondo era detto “funerale piccolo”. Quello “grande” prevedeva anche l’addobbo con un gran numero di candele e di fiori intorno al catafalco, “machina mortis di spagnolesca memoria.
Terminato il rito in latinorum, ci si incamminava verso il cimitero. Il corteo contadino era breve: casa-chiesa-cimitero per la via più breve; quello del ‘signore’ percorreva le stesse strade in cui si portava in processione la Madonna e il santo Patrono…
La livella non esisteva, almeno formalmente…