Sono nato il 27 novembre. Mi hanno registrato il giorno dopo e da allora per la carta d’identità sono nato il 28. Che fa? E’ solo un giorno di differenza.
Mia madre mi ha raccontato che erano le 15 di una domenica piovosa. Perciò da fuori non arrivava nessun rumore di passi o un richiamo. Dentro casa però c’erano le urla del travaglio mischiate alle parole delle cinque mie zie, sorelle tra loro lì a suggerire confortare incoraggiare a farmi venir fuori. Io però resistevo: dentro stavo così bene al calduccio! Ma il tepo era scaduto e “dovevo” uscire e uscendo strillai forte. Subito zia Lucia, la acida, fu perentoria: ‘strilla per avvisare la morte di essere arrivato nel mondo.’ Zia Filomena, la mite, la zitti con un ‘non si nomina quella là in faccia a una creatura’. La giovincella zia Letizia, fanatica della Madonna, mi guardò incuriosita: ‘perché invece di piangere non parla subito?’ Zia Felicita, che segretamente scriveva poesie, le rispose: ‘non parla subito per non dire che cosa ha visto in paradiso, dopo se lo dimentica’. Zia Carmela, la primogenita e quindi la più anziana, mi immerse in un catino di vino rosso per lavarmi augurando: ‘cresci forte forte, figlio mio!’ e mi appese al collo una catenina d’oro con un cornetto di corallo per non permettere al malocchio di colpirmi.
Vecchi usi e vecchie parole di quando si partoriva in casa.
P.S, -- Una volta cresciuto sono riuscito a resistere a tutto, fuorché alle tentazioni.

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