domenica 2 marzo 2025

IL POZZO E LA FANCIULLA

 

 


mprovvisamente mi è tornata in mente una leggenda letta tempo fa in un libro tedesco. Che strano| La ricordo così: ”c’era un paese afflitto dalla siccità, dove non cadevano né pioggia né rugiada e l’acqua dell’unico pozzo si trovava a grande profondità. Arrivò una giovane che suonava melodie dolcissime con la cetra tanto che l’acqua sali pura e casta fino all’imboccatura del pozzo riversandosi fuori in abbondanza.”
Ho cercato il pozzo nei dintorni di Potenza, senza trovarlo. Ho chiesto in giro ma nessuno mi ha saputo dire però mi hanno assicurato di bere l’acqua di una diga, depurata non da una fanciulla con la cetra bensì ma dalle buone intenzioni del proprietario.
Da lucano diffidente, ho comprato un depuratore (non esistono gratis). Certo, non potrò esclamare “chiare, fresche e dolci acque”, come Petrarca, e neppure pensare a san Francesco per chiamarla “sorella acqua”! Mi disseta e mi illudo di sentire qualche suono di cetra e sognare la rugiada…

domenica 23 febbraio 2025

CARNEVALE LUCANO

 


CARNEVALE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE - La Società Dante Alighieri, Sezione di Potenza, nell’ambito del “Carnevale Potentino 2025”, ha promosso un incontro su alcuni ASPETTI SCONOSCIUTI del carnevale lucano dal titolo                                                                                                                                                                                                                     “IL BUE E L’ARCOBALENO A TRICARICO E IL CARNEVALE IMPOSTO“.                                        Il mio incipit sarà così: “E’ certo che  se io pronuncio la parola “carnevale” voi subito pensate a una festa del disordine, nel senso pieno del termine. Lo spirito del carnevale esige infatti che  salti l’abituale equilibrio sociale in quanto tale spirito è sinonimo di “mondo alla rovescia”. Ma se alla parola carnevale aggiungo l'aggettivo  “lucano” – carnevale  lucano – allora è necessario modificare in parte il  generale concetto che si ha di questa festa laica. Cosa  vuol dire?... Teniamo presente che ogni carnevale è sempre figlio  dell’ambiente in cui viene elaborato e vissuto. Quello lucano è stato elaborato  “nel” e “dal” mondo contadino? Certo, ma in parte  perché esso è stato fortemente condizionato da un decreto legislativo emanato nel 1863,     ripetuto e  applicato fino al 1914. Nasce così un carnevale con limiti precisi…”                                    

  La mia è solo una ricostruzione storico-antropologica.                           

Seguirà l’intervento di VALERIO CALABRESE, studioso di AI (Intelligenza artificiale), che illustrerà i possibili modelli da applicare a questa ritualità lucana nella prospettiva futura.

Appuntamento mercoledì 26 FEBBRAIO, ore 17.30,  presso la Casa della Cultura  - Potenza

venerdì 17 gennaio 2025

CARNEVALE


 

E’ IL   FUOCO  DEGLI  INIZI quello del 17 gennaio!. Nelle piazze di molti borghi lucani

prende  fuoco una catasta per sprigionare lunghe allegrie.  

L’altezza di essa dipende da quanta legna i ragazzi sono riusciti a mettere insieme bussando di casa in casa a questuare. Un po’ la dona il contadino perché in casa tiene l’asino, il maiale e qualche altro animale da proteggere dalle malattie e dal malocchio. Egli sa che c’è un Santo capace di fermare l’invidia degli uomini e la cattiveria del diavolo. E’ sant’ Antonio Abate. E’ proprio in suo onore che si accendono i fuochi in piazza. Anche il calzolaio e l’impagliatore di sedie e il fabbro e il falegname, così come il bottaio,  il sarto, l’arrotino e quegli altri con un mestiere tra le mani, hanno donato tocchi di legna per la catasta perché ciascuno di loro ha un qualche motivo  per tenersi buono questo Santo eremita. Tutti sanno infatti che, oltre agli animali, Egli protegge gli uomini dalla malattia della pelle che porta il suo nome. “il fuoco di sant’Antonio”, tanto diffusa nella regione, e da altre malattie infettive che si attaccano al corpo umano per distruggerlo.  

Ma…  qanto appena detto succedeva in Basilicata fino agli anni Sessanta del Novecento. Poi in ogni casa è entrata  la cucina a  gas.  I mestieri sopra ricordati  sono  diventati rari e per questo preziosi. I pochi contadini esistenti  hanno il trattore e se ancora posseggono un asino, quando esso si ammala  chiamano il veterinario  e non  invocano più l’aiuto di sant’ Antonio  perché non credono più che a mandare la malattia sia il diavolo.        

E allora?... Oggi  chi è che va in giro a questuaew legna per la catasta del 17 gennaio? Nessuno. La compra il Comune “per mantenere viva la tradizione”, afferma convinto il sindaco. Il quale, a braccetto con la Pro-Loco, organizza in un angolo della piazza anche “l’assaggio degli antichi sapori” del paese con qualche piatto contadino (fatto di “strascinati” comprati al supermarket). Con salsicce “locali” alla brace (d’ importazione e sottovuoto). Con bicchieri di plastica pieni di vino rosso a basso costo. Organizza anche il ballo “popolare”  intorno alla catasta, ma  senza organetto e senza zampogna, per carità, è roba vecchia. Meglio il complessino-rock formato da “giovani talenti lucani”.  E così la gente balla in piazza. E spilucca in piazza. E tracanna in piazza. Diventa stralunata in piazza. Bene!  La tradizione è salva!

 

Una consapevolezza è però immutata: tutti sanno che dalle ceneri della catasta nasce vivo il Carnevale.

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 13 gennaio 2025

PRIMO BACIO

 

Quell’anno nevicò il 13 gennaio e di neve ne fece tanta. Ma noi ragazzi di V elementare continuammo in piena allegria ad andare di porta in porta a chiedere un qualche legno per formare per la catasta nel 17.

Era per l’inizio del carnevale, si diceva, e si diceva che era pure per ricordare quel sant’Antonio vissuto nel deserto africano. Impertinente avevo chiesto alla maestra “se stava al caldo perché è venuto qua? qua fa freddo!” “E’ venuto per proteggere meglio i nostri animali”, rispose. Quali? “L’asino e il maiale”. Franco, compagno di banco, mi sgomitò per spiegare: ‘’u ciuccio pe’ i cafuni , ‘u purk pe’ nuj’. La maestra gli ingiunse di ripetere in italiano e lui, primo della classe, sospirando ubbidì: “l’asino per i contadini, il maiale per noi”. Anche lui, Franco voglio dire, era nel gruppo dei quattro per la questa. Tra una casa e l’altra le palle di neve tra noi non si contavano.
L’uscio di una casa si aprì e apparì sull’uscio Maria. Era della quinta femminile e…ed era bella dagli occhi verdi e sempre con la sua sciarpa ruvida al collo. Teneva in mano tre rami da ardere. Franco si precipitò a prenderli ma la mia sgomitata lo atterrò e, quasi scippando quella legna, scattai a dare a lei un bacio sulle labbra. Lei gridò ‘purk! purk!!!” e mi diede uno spintone da farmi cadere sulla neve. Anche Franco scattò a dirmi sarcastico “Sant’Antonio protegge pure a te”. Non mi importò quell’insulto perché ero felice di aver dato a Maria un bacio, anche se furtivo.
Il primo della mia vita!

martedì 7 gennaio 2025

BEFNA

 


CARBONE NERO -Alle cinque del mattino già ci svegliavamo pieni d’ ansia per la calza appena la sera prima accanto al camino. Davamo per certo che la Befana fosse passata ma…cosa ci aveva lasciato? Prima di scattare dal letto ed essere punti dal freddo della stanza – nn c’erano ancora i termosifoni – ciascuno di noi figli faceva una segreta e breve riflessione sull’ultima mancanza commessa e ovviamente ciascuno si metteva la testa nella sabbia per autoassolversi. Ma spietate – forse esagero – le calze penzolavano mute piene e immobili. Ma di cosa? Mia sorella Eva prese la sua e la svuotò: due mandarini, tre caramelle, un paia di calze bianche. E fu contenta. Anche mio fratello Donato fu contento per i suoi due mandarini, tre caramelle e uno scatolo di matite colorate. A lui piaceva disegnare . e come disegnava! – (da adulto divenne pittore) . Aldo, l’altro mio fratello, oltre ai soliti mandarini e caramelle trovò la biografia di un santo, non ricordo di chi. Giusto, lui voleva far prete. Quindi tre calze tutto ‘personalizzate’ come si dice oggi. E a me? Anche la mia calza conteneva un regalo personalizzato: due pezzi di carbone e una caramella. Cosa potevo pretendere di più? Avevo portato la pagella trimestrale di quinta elementare con un 4 in matematica. Non perdonabile nonostante i i 7 e 8 nelle altre materie. Non piansi per orgoglio e non migliorai di molto in matematica restando sempre una schiappa.

A sera quando già ero a letto, mia nonna si accostò in silenzio e infilò la sua mano sotto il lenzuolo per lasciare due biscotti – fatti in casa – e il libro delle fiabe di Anderson. Forse per permettermi di sognare .

mercoledì 1 gennaio 2025

CAPODANNO 2025

 


E’ il primo giorno dell’anno nuovo, 2025, e ho visto sfiniti per le strade ancora mezze addormentate uomini e donne camminare con passo lento, a volte un po’ pesante. Hanno facce cineree di stanchezza e di bevute. Chissà se ricordano quanti bicchieri hanno tracannato – ma che importa? – e, malizioso come sempre, mi sono chiesto chissà se hanno ancora in testa i bei propositi fatti a se stessi allo scoccare della mezzanotte, ora “fatale” in cui si ripete, e ancora si ripeterà, la disfatta delle promesse di Capodanno passato, promesse, di fedeltà, di impegno, di pace e di tante altre cose. Promesse durate quanto un fuoco fatuo.

A mezzanotte del primo dell’anno c’è  chi sogna di sentirsi più vicino al cielo – effetto alcol – e ritrovarsi al mattino come semplice conduttore di nuvole.

C’ è che si spinge a chiedere alla sua buona stella di essergli sempre dalla sua pare,  e qualcun altro ammicca  amorose e spesso oscure perversità… con la segreta speranza di ripeterle tutto l’anno.  

E non manca chi,  già ‘fatto’ di alcol e di qualcos’altro…,  chiede alla luna  di accompagnarlo  sul sentiero dei sogni mai morti e sempre consolatori….

Anche questa è  umanità, a Capodanno..

 

mercoledì 4 dicembre 2024

ALBERO DI NATALE

 

Albero di Natale in Medio Oriente.

E’ lontano  dagli  alberi scintillanti dell’Occidente. Lontano.

Noi avremo occhi per le palline colorate, per la finta neve sui rami di un albero di plastica. Di plastica.

Guarderemo avidi i pacchetti  ai suoi piedi per un regalo che ci darà  allegria. Finta.

Finta perché continueremo ad essere indifferenti anche a Natale in cui la vanità ci fa apparire buoni per un giorno.  Apparire.

Chissà poi…dopo il cenone forse andremo anche in chiesa a pregare per la pace. A pancia piena.

E’ questo un albero diverso?... Disturba coi suoi corpi morti che, muti, gridano la vergogna del nostro silenzio. La vergogna. E intanto la civetta  continua a stridere per una sconvolta pazzia là dove essa non permette neppure ai bambini di sognare abissi fra le  nuvole…

Retorica? 

martedì 5 novembre 2024

PANI DEI MORTI

 

 Chi ricorda il “PANE DEI MORTI” ? Era tradizione prepararlo per il primo novembre.

Una volta, ragazzo, vidi mia madre che stava per impastarlo ma io, lo confesso, la feci arrabbiare perché di nascosto avevo rubato più della metà dell’uva sultanina,  ingrediente importante. Lo sapevo di fare danno ma la gola… eh! (allora si diceva che ‘la gola uccide più della spada’ e a me piaceva essere ucciso spesso!). L’uva sultanina si vendeva dal droghiere in piazza e quella volta la paghetta settimanale non mi venne in tasca: dovevo ricomprare io l’uvetta rubata (chi sbaglia paga, ci insegnavano). Però il sacrificio ne valse la pena… Mamma già aveva pensato ai preamboli per fare tale pane:

n  500 gr. di biscotti secchi, 300 gr. di zucchero, 250 gr. di farina bianca, 100 gr. di uva sultanina, 100 gr. di fichi secchi, 60 gr. di arancia candita, 100 gr. di mandorle pelate, 4 albumi, cannella, mezza bustina di lievito.

IL RITO veniva compiuti in tre momenti.                                                                                                      1- Ammorbidire l'uvetta per circa 15 minuti, tritare le mandorle e sbriciolare i biscotti, tagliuzzare i fichi secchi e l'arancio.

2- In una terrina mescolare le mandorle, la farina, lo zucchero, i biscotti, l'uvetta, i fichi secchi, il lievito, la cannella e i canditi. Aggiungere gli albumi, qualche cucchiaio di vino ed impastare per una decina di minuti, se l'impasto risulta troppo duro aggiungere ancora vino. Ricavare dalla pasta dei panini leggermente appiattiti e allungati sulle estremità.

3 - Introdurre i pani dei morti nel forno a 180 gradi e farli cuocere fino a che non si secchino anche internamente (fare la prova spezzandone uno). Una volta freddi,  spolverizzarli con lo zucchero a velo. Pronti!

FINALE: rendere i pani dei  morti invisibili sbriciolandoli nella nostra bocca di vivi…in suffragio delle anime sante del Purgatorio. Diceva così il prete e precisava “Ogni pane dei morti dato a un povero salva un’anima purgante”. Ed io,  dichiarando a me stesso di essere povero,  salvai tante anime...