Quell’anno nevicò il 13 gennaio e di neve ne fece tanta. Ma noi ragazzi di V elementare continuammo in piena allegria ad andare di porta in porta a chiedere un qualche legno per formare per la catasta nel 17.
Era per l’inizio del carnevale, si diceva, e si diceva che era pure per ricordare quel sant’Antonio vissuto nel deserto africano. Impertinente avevo chiesto alla maestra “se stava al caldo perché è venuto qua? qua fa freddo!” “E’ venuto per proteggere meglio i nostri animali”, rispose. Quali? “L’asino e il maiale”. Franco, compagno di banco, mi sgomitò per spiegare: ‘’u ciuccio pe’ i cafuni , ‘u purk pe’ nuj’. La maestra gli ingiunse di ripetere in italiano e lui, primo della classe, sospirando ubbidì: “l’asino per i contadini, il maiale per noi”. Anche lui, Franco voglio dire, era nel gruppo dei quattro per la questa. Tra una casa e l’altra le palle di neve tra noi non si contavano.
L’uscio di una casa si aprì e apparì sull’uscio Maria. Era della quinta femminile e…ed era bella dagli occhi verdi e sempre con la sua sciarpa ruvida al collo. Teneva in mano tre rami da ardere. Franco si precipitò a prenderli ma la mia sgomitata lo atterrò e, quasi scippando quella legna, scattai a dare a lei un bacio sulle labbra. Lei gridò ‘purk! purk!!!” e mi diede uno spintone da farmi cadere sulla neve. Anche Franco scattò a dirmi sarcastico “Sant’Antonio protegge pure a te”. Non mi importò quell’insulto perché ero felice di aver dato a Maria un bacio, anche se furtivo.
Il primo della mia vita!
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