Ce l’ho fatta anch’io a costruire “u carruzz’” - così si chiamava al mio paese. Lo feci con due amichetti. Insieme andammo di mastro in mastro a elemosinare pezzi di legno avanzati e ormai inutili nelle loro botteghe di falegnami. Loro capivano e sorridevano. Qualcuno di loro ci dava anche qualche consiglio e ci prestava il martello. Già, il martello per battere i chiodi che uno di noi tirava fuori dalla tasca, rubati a suo padre bottaio. Ci scappava qualche parolaccia e pur una bestemmiuccia al colpo di martello sulle dita invece che sui chiodi. Avevamo comprato – comprato? diciamo pagato secondo i nostri risparmi snelli - le quattro ruote a cuscinetto. Che fatica sistemarli nei pioli! Vicino ai pioli inchiodammo pure la fune per farci da manubrio. La fune Franco l’aveva presa….be’ … l’ aveva tagliata a quella del campanile…(tanto che fa, c’erano le altre campane con le loro lunghe corde!).
Fatto! Evvia con “u caruzz’” per la discesa della chiesa dei Morti! Invincibili perché felici… Felici.

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