domenica 11 febbraio 2024

UN PATRIARCALE CARNEVALE

  - Invitato e contagiato dall’allegria, giovedì grasso arrivo in una casa di campagna del mio paese lucano. Già altri, una decina tra amici e conoscenti dai cinquanta in su, stanno spiluccando pecorino e palline di formaggio imbevute nel sugo. Piccanti da inferno. Il rosso Aglianico garganella nelle bocche senza farle smettere di motteggiare oscenità del tempo del loro antico servizio militare e rievocare le servette per avventurine che rompevano la solitudine di soldato. Ricordi stralunati! Alticcio, un bassino rinsecchito tenta di tarantellare, macché, le gambe non ballano ma traballano e lui si accascia sulla panca bestemmiando il Padreterno ché gli ha rubato la giovinezza. Una volta lui ballava da dio, puttana Eva! Certo, una volta, ma non aveva 70 di anni e 100 di fiatone… Pausa con succulenti involtini di maiale con foglia di alloro arrostiti sulla brace. E Aglianico.

L’anfitrione imbraccia il suo mandolino con voluttà e lo suona bene anche se ad orecchio. Facciamo una Sanremo campagnola? Perché no. Che idea! Mastropeppe, mani callose di falegname, parlantina di civetta e già tocco di vino, avanza come conduttore scimmiottando quello della tivvù, ma, sorpresa, tira fuori il suo portafoglio gonfio di… pizzini. Giura che è un regalo di Messina Denaro. Wow! e si becca un sibilare di fischi alla pecorara! Ma lui tira dritto, occhieggia uno dopo l’altro i pizzini e legge parole di una cattiveria esilarante per quei cantanti visti a mezzo tra il sole e la luna (dalla sessualità sospetta, cioè) … Sulle cantanti i pizzini dicono parole melensi per i molli seni e via dicendo.., tutte linee qui modellate nell’aria dalle mani callose ed esaltate da fischi à gogò. Ma sono minacce amare per quelle cantanti piatte come una tavola! Wow! e lui si becca pernacchi sonori presto zittiti da una canzone napoletana strappacore. Da sceneggiata| E’ di una voce tenorile, patetica ma intonata che, senza intervallo, tira fuori tutto il fiato per il ‘Vincerò! Vincerò!’ pucciniano. Caspita, ha quasi 80 anni e fa scoppiare applausi a spreco! Mastropeppe presenta in falsetto “Con te partirò”. Certo che partirò, canta il tenore, ma per lasciare la moglie di cartapecora e brucare con una ‘vaccarella’ (una giovane) per andare in paradiso! In coro a cappella ritmato da fischi cantiamo vecchie satire da cantina, quando c’erano le cantine, contro il mondo che sta sotto e sopra questo cielo!... Che dire? Sono proprio caduto in una compagnia di maschilisti spinti, caspita, e sicuramente patriarcali! Pausa con fusilli al sugo di ventresca e peperoncino piccante. E Aglianico.
Bussano alla porta e irrompe nella stanza un piccolo corteo nuziale, di quelli vaganti. Mamma mia! La ‘sposa’ è un cristone alto con baffi veri e petto finto . Lo sposo, bassino e botticella, indossa un abito da passato contadino e gorgheggia da pollastro. Che scompisciare dal ridere! ‘Lei’ sculetta vezzosa e spesso ci da le spalle per far notare la scritta sull’ ampia sciarpa bianca che l’avvolge: “comando io”. Oddio, l’ influencer ha contaminato anche la tipica maschera contadina lucana! Non così è per la maschera di “Zi’ monaco” che ci benedice col suo cordone dritto dritto. Allusivo? Certo, è carnevale! E non ci spaventa la maschera della Morte del corteo che minacciosa ci picchia in testa con una tibia di gomma. Ridiamo di Lei, almeno a carnevale. L’organetto degli ‘sposi’ trascina in una mazurca tutti, Morte compresa, senza che prima ciascuno di noi alticcio non raccomandi al partner di non abbracciarlo troppo ché lui è maschio verace!... La visita finisce regalando cibarie agli “sposi” ma…ma allo sposo il dono è particolare: un osso di uno stinco di maiale, duro, per la ‘prima notte’, e un po’ di uova sode per il giorno dopo… Un tempo si usava così (ancora un’allusione!). Ci salutano coprendoci di coriandoli. Pausa con salsicce alla brace e peperoni sottaceto. E Aglianico.
Mastropeppe con orbite oculari da spavento (effetto vino) ci obbliga al brindisi. Si usa. Uno dopo l’altro, alto il bicchiere, biascica versi in rima baciata o non baciata ma stralunati. Si brinda ai mariti cornuti e ai ragazzi segaioli, al prete allupato e a Zi’ Miche’ infoiato per una pastorella, alle vergini per finta e alle vedove senza pace... Ognuno dice la sua da maschietto d’altri tempi! Pausa con la torta di sanguinaccio, uva sultanina e noci ma, mentre sgranocchiamo i grandi taralli coperti di albume zuccherato, il mandolino rievoca note che sanno di nostalgia. Il meno ubriaco tra noi e con voce sgranata intona una melodia per la donna amata. E’ un canto triste con parole che un tempo davano vertigini e chiedevano giuramenti. Cala sopra di noi un silenzio quasi magico: muti, annuiamo con la testa piena di fumi e facciamo nostra la tristezza del canto del pastore che andava lontano dal suo amore. E’ un canto lucano della transumanza…
Ed io mi accascio sulla poltrona... Che folle carnevale patriarcale!
 
 

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