E’ tornata estate e torno a ricordare il gelataio della mia infanzia.
Pedalava per le vie di Rionero gridando “piangete, criature! piangete!” perché noi bambini, le sue ‘criature’, strappassimo a mamma almeno 2 lire per comprare un cono piccolo di gelato. Quello grande costava 3 lire, ma ci accontentavamo, dovevamo accontentarci del piccolo per non diventare ‘cannarut’ (cioè golosi viziati) secondo la pedagogia familiare di allora. Ma a noi bastava quel cono per provare l’emozione di una goduria, intensa pur se breve, capace di accenderci di allegria. Preferivo crema e cioccolato, anche perché l’alternativa era quasi inesistente.
C’era sempre qualche altro bambino come me in disparte con negli occhi un desiderio supplichevole. Gli facevo fare una leccatina e insieme sorridevamo. Poteva capitare anche il contrario.
(se non ricordo male, il gelataio si chiamava Moretti, il nome l’ho dimenticato)
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