venerdì 31 marzo 2023

AFFETTI DIFFICILI

 

Fu una Domenica delle Palme di qualche anno fa, a Napoli. Rividi il mio amico Rocco a trent’anni dalla fine dei nostri studi universitari. Avvenne per caso, all’interno della Cappella Sansevero. Eravamo in tanti e tutti in un silenzio sospeso. Con gli sguardi rimandammo all’ uscita i saluti amicali. Al nostro turno ci mettemmo a scrutare quella statua della metà del Settecento capace di creare turbamento per la sua drammaticità intensa. Fianco a fianco fissavamo quel Cristo velato, scarnificato,  martoriato, lì steso a testimoniare la sofferenza subita fino all’ estremo. Guardavamo con tremore quel  velo marmoreo che lasciava intravedere la bocca socchiusa allo stupore della Morte. Quella bocca che aveva detto parole d’amore, che aveva perfino chiesto al Padre di perdonare i suoi carnefici.  Sottecchi notai l’ intensa emozione di Rocco che si accostò più del dovuto a quel Volto velato ma il gesto cortese del custode lo allontanò. Voleva baciarlo? Abbracciarlo? Con tono appena percettibile sillabò: “Non prego più.”  Non afferrai il senso di quella  inattesa confessione fatta in ricordo della nostra antica amicizia. La voce discreta del custode ci invitò a lasciare il posto agli altri visitatori. Usciti dalla cappella ci abbracciammo. Erano anni che non ci vedevano, anche perché ormai io vivevo  a Roma e lui a Marsiglia,  chirurgo della colonna vertebrale. Fissò i suoi nei miei occhi e mi sussurrò: “Che senso ha pregare, non ho perdonato mio padre”. Sapevo del padre che non lo aveva mai amato, anzi lo aveva a lungo maltrattato. Adesso seppi che sul letto di morte quel padre, non più inumano, aveva chiesto al figlio di perdonarlo…

Anche se in una strada piena di gente, gli posi un braccio intorno al collo come facevamo reciprocamente da ragazzi  quando dovevamo consolarci di una pena….E presi la sua tristezza.

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