Tornavo da Melfi per la strada che passa per Rionero. Percorso obbligato. Mi ha toccato il desiderio di rivedere la casa della mia infanzia. Una casa a due piani. Lo stupore mi ha fatto spalancare gli occhi e la sorpresa mi ha aperto la bocca: la casa non c’era più!... Non c’è più! Abbattuta! Al suo posto sta alto un palazzo che vorrebbe essere bello. Ho incrociato le braccia premendole sul petto come a voler bloccare un dolore pronto a scoppiare. Non c’erano più le pareti che avevano conosciuto e protetto i pianti, le risate, le carezze, lo studio, i cibi, i litigi, e le parole, tutto per aiutarmi a crescere. Per un po’ sono andato avanti e indietro battendo con forza i piedi sul marciapiedi per calmarmi. Ho sostato davanti al portone d’ingresso. Immobile, pietrificato, mi ha preso la nausea e la tristezza, profonda. Tutto demolito.
Come prezioso madrigale d’amore mi sono flesciate in mente alcune parole di Nonna, sempre a plasmare la mia anima, lei. Ho alzato gli occhi a una finestra infiorata, unico punto decente sulla facciata. Anche la finestra della mia stanza aveva fiori sgargianti: bambino, più volte mi ero affacciato con Lei per acchiappare i raggi del sole e inseguirli con le risate fino al cielo…
Tutto è consumato. E riprendo il viaggio.
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