Fino alla metà del secolo scorso in Basilicata la DONNA INCINTA doveva attenersi a regoleprecise:
1) non passare sopra le funi, la cavezza di un mulo, di un cavallo, non attorcigliare le matasse di lana. Effetto: il bambino sarebbe nato col cordone ombelicale al collo rischiando di morire.
2) Non passare sulle chiazze di sangue di un animale squartato (maiale, agnello, pecora). Effetto: il bambino prima o dopo si ammalerebbe di una forma di anemia progressiva.
3) Non mangiare teste di animale (pollo, gallina, ecc.). Effetto: il bambino nascerebbe con la testa malformata,
4) Non assistere all’uccisione di animali domestici. Effetto: il bambino acquisirebbe nella voce il rantolo dell’animale morente.
5) Non guardare animali ritenuti ‘brutti’ (rospi, cani rognosi, topi, scimmie). Effetto: il feto potrebbe subire una malformazione assumendo i tratti somatici dell’animale visto,
6) Evitare di sentire il rumore della sega e per questo stare alla larga dai falegnami. Non pestare la segatura. Effetti: sulla fronte del bambino potrebbe imprimersi l’immagine dei denti della sega a margini della satura longitudinale del cranio.
7) Non bruciare i rami di una pianta selvatica ruvida o spinosa. Effetti: il bambino nascerebbe con la pelle ruvida.
8) Non guardare i cadaveri, non partecipare ai funerali; non fare visite di condoglianze, non entrare in un cimitero. Effetti: il bambino nascerebbe con tendenza alla tristezza.
9) Non mangiare il grasso del maiale (lardo, pancetta), non mangiare il sanguinaccio o torte di sanguinaccio. Effetti: il bambino potrebbe nascere la una spiccata tendenza ad amare molte donne nella sua vita.
Queste precauzioni rientravano nella “magia omeopatica” ampiamente descritta nel mio libro “La maciara indaffarata”.
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