martedì 8 novembre 2022

RISERVATO AI NOSTALGICI

 


CONDIZIONI DI VITA IN BASILICATA al 1965.

“Un unico giaciglio serve ad un'intera famiglia; lo spogliarsi è un'usanza sconosciuta; gli escrementi [degli animali, ndr] anche sui pochi mobili sembrano essere ammessi come elementi di decorazione normale, insieme con i peperoni secchi ed il lardo, ornamenti e alimenti. I peperoni, il lardo, la conserva di pomodoro e, più raramente, la pasta; si mangiano seduti in cerchio, pescando in un piatto centrale con forchette di stagno. Quell' alimentazione povera è interrotta una volta all'anno per la grande mangiata il giorno dell'uccisione del porco; ed una volta nella vita, per la grandissima mangiata del giorno delle nozze, che non si ripete più. Si hanno coppie dai 10  ai 20 figli, in obbedienza al detto del contadino lucano, "bue di giorno, toro di notte". L'unità familiare è ancora rigida e retta dal pater  familias.                                                                            Entrando in una abitazione, vedendo una donna che faceva la pasta, dissi: "Che bella pasta". La persona che mi accompagnava soggiunse frettolosamente: "Santa Martina" (al femminile). Così appresi che da queste parti, e in generale tra i contadini lucani, l'estraneo entrando deve aggiungere al proprio saluto: “Santa Martina” o “Benedico”, specie poi se pronuncia una frase di elogio, per un bambino, un cibo, il raccolto, ecc. Può essere sospettato in caso contrario di portare il malocchio, e accolto da scongiuri.

 Per quanto miseri però, quelli che abbiamo dovuto chiamare tuguri sono costruiti in pietra. Vi si scorge una civiltà disfatta nell'ambiente povero. I montanari sono muratori eccellenti; ed appena lo possono, costruiscono bene la casa con le loro mani. Nell' architettura poi, e perfino in alcuni fregi ed  in alcune sculture sopra la porta, trapela un vero istinto d'arte; già si è detto che il popolo lucano forse ha più istinto d'arte di quelli vicini.   Il senso artistico si vede anche nelle suppellettili, che provengono, in parte, da un artigianato, quello di Avigliano, abilissimo. Ho ammirato, oltre ai coltelli, alcuni cassoni dipinti nei quali si perpetua un antico modello, e che perciò sembrano antichi senza intenzione d'imitare. Sono tra le opere più nobili dell'artigianato in Italia.”    

PIOVENE Guido, Viaggio in Italia, Firenze 1965, pp. 573

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