domenica 12 settembre 2010

STORIE PARALLELE DI EMIGRAZIONE


Gentili Sigg. della Giunta Regionale,
siamo alcuni lavoratori che raccolgono i pomodori a Palazzo San Gervasio. Vi scriviamo sul modello di una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano.
Generalmente siamo di pelle scura. Dite che non amiamo l’acqua e qui a Palazzo ce ne danno poca. Molti di noi puzzano anche perché teniamo lo stesso vestito per alcune settimane. Ci costruiamo con cartoni pressati cuccette per dormire, vicini uni agli altri, ammucchiati in un capannone. Non ci proviamo a chiedere di dormire in qualche stanza fatiscente di Palazzo o di altro paese vicino perché non ce la danno. E se ce la danno ci chiedono un affitto alto, in nero (!), che da singoli non possiamo pagare perché per raccogliere una cassetta di pomodori ad ognuno ci viene dato così poco che a un vostro ragazzo non basterebbe per comprarsi due pacchetti di sigarette Marlboro. Allora non ci rimane che metterci in qualche stanza in quattro, sei, dieci, quando ce la danno.
E’ vero che tra noi parliamo lingue incomprensibili. Noi però diciamo che la vera lingua incomprensibile è la vostra perché è lingua di sfruttamento selvaggio, di degradazione della dignità umana.
Fatichiamo a mantenere i nostri bambini, è vero. Noi però non li mandiamo per strada a chiedere l’elemosina. Non vendiamo i loro organi per un trapianto. Non li mettiamo a disposizione per soddisfare certe voglie. Ci rimproverate di farne molti. Ci dovreste ringraziare perché essi domani, che lo volete o no, lavoreranno qui anche per pagare la pensione ai vecchi di questa regione.
Siamo uniti fra di noi? Dobbiamo difenderci dall’ indifferenza di tutti. Siamo deboli perché non siamo iscritti a nessun sindacato e i sindacati ci ignorano. In compenso abbiamo i “caporali”…
Dite che facciamo furti e, se ostacolati, siamo violenti. Voi dimenticate che il più grande nemico dell’uomo è la fame e quando si ha fame c’è sempre qualcuno pronto a scacciarti.
Le vostre donne ci evitano non solo perché poco attraenti ma perché si è diffusa la voce, in Italia, che a noi piace stuprarle. Bugie! E’ stato creato un mercato della paura degli immigrati, come successe tanti anni fa a vostri lucani all’estero.
Molti rimproverano ai governanti di Roma di avere aperto troppo gli ingressi clandestini ma, soprattutto, di non aver saputo selezionare fra coloro che entrano nel vostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, dello spaccio. Se siete onesti, rispondete a questa nostra domanda: se ci venisse data la giusta paga, se voi vi ricordaste che siamo esseri umani come voi, noi andremmo davvero a compiere atti al limite della legge? Se qualcuno di noi “clandestini” investe uno di voi, voi dite che fa più male che esserlo da un italiano! Il reato è diventato più grave se a commetterlo è uno di noi, senza attenuanti.
Da esseri umani quali siamo ci avete trasformati in un pericolo. Quando al mattino guardate nello specchio il vostro viso ben rasato, o ben truccato, vi compiacete di non ricordare più. Provate a guardarvi dentro e vedrete ancora il volto del figlio d’emigrante, le rughe della povertà, la polvere del disprezzo, la ferita del razzismo.
Per venire qui abbiamo pagato a caro prezzo il nostro biglietto di speranza. Voi che dite di far parte della regione più “virtuosa” d’Italia, quando parlate di noi, se parlate, perché continuate ad avere parole vuote, frasi generiche, provvedimenti impraticabili? (in proposito ci hanno detto che il Presidente della Regione ha stanziato 70mila euro per monitorare la nostra presenza. Forse voleva dire per “monitorare la nostra sofferenza”).
Non abbiate paura di vincere la vostra indifferenza verso di noi!
Un Gruppo di Raccoglitori di Pomodori

P.S. - Riportiamo l’originale della relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano (1912): “Gli italiani generalmente sono di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e chiedono una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’ elemosina…. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro.
Dicono che siano dediti al furto, e se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.

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