
Basti pensare a quei consiglieri regionali che con la loro fervida mente ipotizzano miracolose ricette per risolvere il problema della Casa dello studente di via Filzi sono gli stessi che da anni approvano i contributi annuali all’Ardsu e, trovandoli sempre più ridotti, non aprono bocca e continuano ad mantenere quella loro plumbea indifferenza verso l’Università.
Basti pensare che ogni studente, al momento dell’iscrizione alla nostra Università, versa, tra le varie tasse anche 98 euro pro-Ardsu. Moltiplicate per il numero complessivo degli studenti – più di 10.000 – e viene fuori una bella cifra! Ora, tali quote dovrebbero essere trasmesse direttamente dall’Università all’Ardu.. Una partita di giro, direbbe (ed esigerebbe) il buon senso comune. Invece no. Invece l’Università trasmette l’intera somma alla Regione (per volere di quest’ultima), la quale la fa confluire nel calderone generale del bilancio regionale, dal quale successivamente estrapola i contributi da assegnare all’Ardsu. Fatti i conti, c’è da concludere che la Regione Basilicata non si svena per fornire servizi ai suoi studenti universitari. Anzi….
Basti pensare che alcuni rappresentanti degli studenti – eletti per difendere i diritti dei loro elettori – con impudenza, pur se sommessa, hanno affermato, proprio da qualche settimana, che, tutto sommato, la questione di via Filzi non interessa molto. A tal proposito poi, un gruppo di studenti mi ha raccontato di aver promosso un “collettivo” per designare i delegati da inviare alla Regione per discutere del problema. Nessuno degli 80 interessati si è presentato. E neppure uno solo dei rappresentanti eletti. Chiedevo a uno di quegli 80 il perché dell’assenza e lui, con sorrisetto ironico, mi ha risposto: “Prof, mio padre mi ha suggerito di non espormi” Come si vede, la mentalità della coppola in mano si tramanda di padre in figlio! Che tristezza!.
La settimana scorsa ho pubblicato in questa rubrica il mio articolo “Incazzatevi, per favore”. Incrocio in via Pretoria qualche consigliere regionale che mi lancia, con aria di ironica sufficienza, un “eh, prof., sei sempre polemico!” Vorrei rispondergli ma scappa via. Che razza di arroganti maleducati!
Ricevo, sempre in proposito, delle telefonate e delle e-mail. Ne riporto due di queste ultime. La prima è brevissima. E’ di un adulto: “Io sono già incazzatissimo....il problema sono i nostri ragazzi che dormono alla grande...... Ho qualche dubbio che qualcuno avrà il tempo di incazzarsi....”
La seconda è di una nostra ex-studentessa, ora impegnata in una università francese: “Basti pensare che a volte, in un semestre (soprattutto nel secondo), arrivano ad esserci dieci corsi in contemporanea e, pur scoppiando, non si lamentano [gli studenti]… Ci sono studenti che si sono laureati alla triennale senza essere mai stati in biblioteca di Facoltà. Ai miei tempi la Facoltà di Lettere era un gioiellino. E soprattutto c'era più gente che sceglieva Lettere non per parcheggiarsi ma per studiare. E c'erano anche molte attività collaterali. C'è anche da dire che i docenti erano molto più severi. Una volta fummo rimproverati dal prof. Fonseca perché mangiavamo un panino nelle scale. Oggi giocano a carte, fumano, bevono birra tra i banchetti. A volte giocano a pallone nei corridoi. Io li ho rimproverati molte volte. Quando mi sono indignata con alcuni colleghi, mi hanno detto di lasciare correre. Del resto è sotto gli occhi di tutti quello che succede. Impossibile non vedere quando si passa per andare negli studi [dei proff.]. Forse nemmeno i docenti si indignano più, né reagiscono come una volta. Forse qualcuno dovrebbe insegnare a questi ragazzi a reagire, ma non hanno luoghi in cui incontrarsi, non hanno biblioteche a portata di mano, né qualcuno che li rimproveri quando sbagliano. Come reagiranno mai?”
E’ detto: “giocano a carte, fumano, bevono ecc.”. Ma ci sono mai state delegazioni di studenti a reclamare i “loro” spazi necessari? A reclamare un diritto? Qualche rappresentante degli studenti, forse in vena di spiritosaggini, ha sistematicamente affermato che il diritto non risiede nell’avere spazi ma nel giocare là dove uno vuole. Da inorridire!
E’ detto: “a volte giocano a pallone nei corridoi”. E’ vero. A prescindere dal “diritto” o meno di cui sopra, sta di fatto che anni fa venne ipotizzato di costruire a Macchia Romana anche una “città sportiva universitaria”. Ci furono veti incrociati. Di tempo ne è passato dalla fondazione dell’Università, ma i bubboni sono rimasti.
Basti pensare, in conclusione, che da anni gli studenti della Facoltà di Lettere non sono capaci di pensare ad uno straccio di giornale o a un prodotto multimediale tutto “loro”, in grado di evidenziare e discutere i “loro” problemi. Però il loro rappresentante, ad ogni inaugurazione di Anno Accademico, proclama che “noi giovani dobbiamo essere i protagonisti dell’Università e del nostro futuro”. Proclama! Bah, chi si contenta, gode.
27 sett, 209
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