venerdì 11 ottobre 2024

 

 

La prima intervista che feci in vita mia fu a Eduardo De Filippo quando uscì il film “Matrimonio all’italiana”, tratto, come si sa, dalla sua celebre commedia “Filumena Marturano”. Per me fu memorabile l’incontro con lui all’Hotel Vesuvio di Napoli. Non ascondo che nel mettere piede nella hall il cuore mi cominciò a battere forte. E mi sedetti. L’attesa durò mezz’ora dopo di che vidi il Maestro uscire dall’ascensore, venirmi incontro e dirmi con un mezzo sorriso che in realtà nascondeva, e nemmeno tanto, un rimprovero: “Ma l’appuntamento era per le dieci”. Mi feci coraggio per precisare, “certo, ma io sono qui da mezz’ora. Appena arrivato ho avvertito alla conciergerie del nostro appuntamento”. Subito lui chiamò uno degli addetti e gli fece un “cazziatone” per aver fatto aspettare un suo ospite! Mi colpì l’espressione del rimproverato: sul suo volto emerse un grande disagio esteso anche al suo sguardo. Al termine  soffiò le sue scuse e attese che il Maestro lo allontanasse con un cenno della testa, loquace.     

Mentre posizionavano il microfono per la chiacchierata gli dissi sorridendo: “Però non merita un pernacchio”. Mi fissò con quel suo sguardo guizzante, sorrise e rispose “No, non lo merita, però i miei ospiti sono sacri.”

Di ritorno a Roma pensai a quella sua lezione sul pernacchio, l’avevo imparata quasi a memoria: “Figlio mio c’è pernacchio e pernacchio…Anzi, vi posso dire che il vero pernacchio non esiste più. Quello attuale, corrente, quello si chiama pernacchia, Si, ma è una cosa volgare, brutta! Il pernacchio classico è un’arte… Il pernacchio è di due specie: di testa e di petto. Nel nostro caso li dobbiamo fondere: dev’essere di tesa e di petto, cioè di cervello e passione. Insomma, ‘o pernacchio che facciamo a questo signore deve significare: “tu si’ ‘a schifezza ‘ra schifezza ‘ra schifezza ‘e l’uomm. Mi spiego?” (in ‘L’oro di Napoli’ di De Sica)

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