Ho visto morire un asino. E’ stato domenica, nella campagna di un mio amico. Il suo asino gli dava pensieri. Lo trovammo disteso sulla paglia e pareva sfinito. Ma lo era per davvero: ansimava e di tanto in tanto emetteva un raglio breve e rauco appena udibile. Era un lamento raggelante. Perché non chiamare il veterinario? Il mio amico scosse la testa, ‘no, è arrivato…troppo vecchio’, esclamò turbato, e inginocchiatosi accanto gli accarezzò la testa. Gli occhioni di quella creatura si spalancarono all’improvviso a fissarlo, gli usci un breve rantolo e morì. Vidi il mio amico, suo padrone, asciugarsi il viso da una lacrima e dirgli ‘va’ in paradiso’. Anche il cane, un Gran San Bernardo, si era accucciato a fissare l’asino senza più fiato.
Ero lì basito a tanta tenerezza e a tanto dolore.
Pensai che soltanto nei Vangeli egli ha avuto un momento di gloria: fu quando portò Cristo in groppa nel suo ingresso in Gerusalemme (apparve nel presepe soltanto col XIV secolo). Per il resto del tempo è stato sempre ingiuriato, bastonato, sberleffato, spesso caricato di sofferenze silenziose, paragonato ai lussuriosi e a quanti sono duri di comprendono Eppure è rimasto sempre fedele nel servire l’uomo. A differenza del cane che esterna la sua sottomissione al padrone, egli è tanto riservato quanto paziente. Non solo per questo meriterebbe la gloria ma anche per la sua tenacia nell’aiutare l’uomo e dunque la vita.
Rip.
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