Divenne bella la mia scuola elementare! A pensarla ancora adesso mi commuovo e questo esile ricordo pare simile ad un pugno d’aria fatto di magiche sensazioni.
Già faceva freddo al mattino, già c’era l’autunno di timida rugiada, già nella mia testa frullava qualche sogno a cielo aperto. Ma qualcosa di più difficile fu una segreta paura della scuola. Mia Nonna se ne accorse. Con grappoli di sorriso, una sera mi attirò a sé, puntò il dito verso l’alto: “vedi la luna rossa com’è pazza di noia?” Guardai in alto senza capire subito. Lei continuò “vedi, gira sempre intorno a noi per farci inventare parole nuove…è come la scuola.”
Oggi le mie parole si stanno fermando col tempo chiaro dei miei capelli e con essi svaniscono le storie dei miti antichi, dei popoli lontani con le loro danze della pioggia e i loro visi dipinti per piacere alla tribù e agli spiriti degli antenati. Svaniscono pure i miei castelli arrampicati sulle nubi di pietra che pure ho amato. Eppure insisto nell’ abbandonarmi alle carezze delle notti di luna rossa per chiedere, o forse sognare ancora parole nuove...
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