martedì 10 maggio 2022

L'IMPAGLIATORE

 

L’impagliatore di sedie. Ve lo ricordate? Io si. Anche il suo grido ricordo. Rauco, attraversava i vicoli del paese a primavera e in autunno. A sentirlo tutti in casa scrutavano le sedie impagliate. Qua e la avevano qualche macchia di grasso o di vino, anche qualche treccia di paglia spezzata. E che fa? L’importante era che reggessero ancora bene  sederi  di casa intorno a un tavolo, davanti al camino. Però veniva sempre la tentazione di rinnovare qualche sedia e vederla  col ripiano fresco e lucido di paglia intrecciata con  rametti d’ulivo, salice e foglie di granturco. Non fosse altro che per avere in casa almeno una sedia “buona” per far sedere  un “cristiano” (persona) di riguardo, forse il prete, il medico,  la maciara, chissà...

Noi ragazzi del vicinato, manco a dirlo, ci mettevamo intorno a guardare quelle sue mani agili, leste, forti, piene di calli che di tanto in tanto staccavano dalla bocca una specie di sigaretta – di tabacco o di paglia? – per scuotere la cenere lontana dal materiale vegetale ai suoi piedi in attesa di essere intrecciato.

A primavera l’impagliatore mostrava anche  cestini di varia grandezza. Erano buoni per contenere e conservare la frutta. In autunno poi si offriva per costruire sotto gli occhi del vicinato i contenitori per damigiane, di vino s’intende.


 


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