mercoledì 13 ottobre 2021

MACIARE

 MACIARE - Coi primi freddi di ottobre giunse anche la chiusura della mia gola. Gli antibiotici ancora non erano esistevanoi. Mi sottoposero a quello strazio di respirare il vapore da una bacinella con acqua bollente e salata. Era utile per qualche ora. Ci fu anche qualche decotto. Niente da fare, non parlavo.

Ma mia madre, che non smetteva mai di essere energica, chiamò la maciara del paese. Venne, si piantò davanti a me seduto, palpeggiò il collo, guardò la gola, ordinò di scaldare i due cocci di terracotta da lei portasti, poi, caldi, me li pose sul collo, li fasciò e, tenendo la mano sinistra sulla testa, cominciò a biascicare una filastrocca in cui sfilarono, ben scanditi, Gesù e Maria, San Pietro e le sue chiavi, Satanasso col forcone infuocato, e San Biagio. Quest’ultimo nome fu ripetuto più volte assieme ai miracoli da lui compiuti per i ragazzini come me. Mentre invocava, lei tracciava segni di croce sul mio collo prigioniero di cocci infuocati. Finite le preghiere-sortilegio, lei cominciò a sbadigliare. Allora venne fuori che la mia gola non era stata chiusa dal freddo autunnale ma da un malocchio gettatomi addosso da qualcuno nemico della mia famiglia…. Dopo aver scomodato troni celesti e terrestri, la maciara mi tolse i cocci, mi fece sputare nella bacinella il pus, mi lavò il collo, e mi diede un pizzico forte al quale reagii con “Aih!” quasi urlato. La voce era tornata.
Misteri della maciara…. Andò così.
Anche oggi ho mal di gola, ma vado in farmacia e spero che nessuno mi abbia gettato addosso un malocchio. Poi…non si sa mai! 
 
 

(ft. di maciara lucana, nel mio volume "La maciara indaffarata")


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