giovedì 30 settembre 2021

PRIMO IMPIEGO

 Fu proprio  un  1° ottobre. Entrai in ufficio con timidezza. Era il giorno del mio primo impiego. Contavo ventitré anni e avevo vinto il concorso pubblico. “Non vi permettete di muovervi!” Intimai a mio padre che aveva conoscenze varie. Ci tenevo ad entrare là per merito e non per raccomandazione. Mi collocai al settimo posto sui quindici disponibili e su ventotto concorrenti.

      “Benvenuto in questa barca di noia” Mi salutò un collega di ruolo. Si offri di presentarmi agli altri della Sezione.  Vidi così volti dall’espressione seria o cupa o  indifferente. Nessuno col sorriso.

       Strinsi la mano al Capo Divisione, un siciliano anziano, “da anni in fama di  stupidità”, – sussurrò il collega -guida. Notai che aveva orecchie piccolissime. Quindi fui presentato al Capo Sezione, “sempre immerso nelle donne ”. – “Non ho sorelle” replicai mentendo. Capelli neri con brillantina rilucente, pelle da zabaione, le sue orecchie avevano la cartilagine di un rosa vivace come se fosse stato ravvivato dal freddo. Con voce gentile e tono preciso mi indicò il settore cui ero stato destinato. Conobbi  gli altri della scala gerarchica. L’archivista era un ex sottoufficiale della marina, sardo, dalla voce perentoria e dalle orecchie tese, forse abituate a cogliere il respiro del mare. “Tiene l’archivio come un gioiello. E’ il più organizzato di tutto il ministero” , precisò il collega, che continuò: “Peccato che ha un difetto: rispetta tutti”. - “E perché è un difetto?” -- “Perché c’è certa gente qui dentro che meriterebbe di essere presa a male parole. Ignorante e presuntuosa!” Al termine del giro nelle varie stanze della Sezione,  feci mentalmente un bilancio delle persone incontrate: oltre alle facce cupe c’era anche una bellina, giovane ma con un berretto calato sulle orecchie. “Poverina, ha le orecchie troppo a sventola e se ne vergogna”, mi si dice con finta pena. Un particolare mi colpì: tutti gli impiegati della Sezione, una quindicina, tenevano sul proprio tavolo un’agenda in brossura. Era il regalo fatto il  primo dell’anno dal nuovo ministro  agli ottocento dipendenti che sedevano comodamente nelle stanze di quel Ministero. Conteneva all’ interno anche un suo scritto sul valore della Pubblica Amministrazione e sul prezioso lavoro dei dipendenti. Maliziosamente mi venne da dire “è l’agenda dei sogni” e pensai anche agli assurdi impiegati di Gogol… Sai che ridere! Il collega, che non conosceva Gogol e neppure le spiritosaggini, rimase in una gelida indifferenza (seppi in seguito che le sue letture non andavano al di la dei decreti ministeriali).

        Entrato nella stanza assegnatami, trovai sulla scrivania un’agenda. Aveva provveduto il Capo Sezione. Con po’ di sarcasmo chiesi al collega se essa era un implicito invito ad annotare giorno per giorno il numero delle pratiche esaminate da inviare alla firma del Capo Divisione dalle orecchie piccole. Mi guardò storto e si toccò un orecchio. Allora notai che  pure lui le aveva minute. Stavo per dirgli  che grazie ad esse poteva sperare di diventare Capo Divisione. Ma sorrisi soltanto. “Cautela!”, aveva raccomandato mio padre, perché “i funzionari pubblici sono i più permalosi di questo mondo”…..


 

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