Un compagno di giochi infantili mi ha lasciato. Stava in convento da sessantacinque anni. Così aveva contato lui l’ultima volta che ci siamo visti e io mentalmente contai le sue preghiere recitate. Che impresa folle oltre che stupida. Il suo modo si esprimersi metteva in luce anche l’uomo dai molti studi: aveva consumato gli occhi non soltanto sui testi degli antichi Padri della Chiesa, ma anche per la filosofia occidentale moderna. A che pro, mi sono domandato in segreto, relegato com’era in un convento francescano ai confini del deserto. Non era dunque un asceta puro, non consumava i suoi giorni solo nella contemplazione e nella meditazione. Studiava, da sempre. E comunicava con uomini di rilievo culturale del mondo occidentale.
Quella volta parlammo di amore, di amicizia, di fede, di ideologia. E proprio su di esse egli concluse con voce sommessa, o forse di dolore, non so:
“Pare che oggi trovino sempre meno aria da respirare… e morire di asfissia è una brutta morte.”
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