Era per scaldarsi. Il sole tramontava e il freddo diventava più pungente in casa. Il braciere era li in attesa di essere reso vivo, come ogni sera. Allora si prendeva una porzione di carbonella, non tanta, per risparmiare, ma quanto bastava per arrivare alle ventuno con le gambe surriscaldate e le mani stese sulla brace, piccolo sacro fuoco senza lingue.
Le dita di noi ragazzini erano piene di geloni e aspettavamo quel fuoco col desiderio che fosse salvifico nel non farceli scoppiare dal freddo. Volevamo mani sane per accarezzare, per mangiare e per scrivere. Seduti fianco a fianco per scaldarsi, le bocche dei grandi si aprivano a informare che quella ragazza era così e così... Che quel marito amava più la campagna che la moglie… Che quella moglie era meglio che non si fosse sposata… Loro, i grandi, parlavano per immagini e per metafore per non far capire fino in fondo quelle maldicenze a noi bambini. Ma noi finivamo per capirle lo stesso, solo dopo qualche anno, però, nei nostri capannelli di ragazzini già fertili alla malizia.
Intorno
a quel braciere, esaurite le “informazioni” sugli altri, scattava il bisogno di
pulire le bocche dalle chiacchiere dette invocando la Vergine Maria con un santo
rosario che ripeteva quel nome ad ogni grano.
Scoccavano le nove, le parole finivano,
le preghiere pure, il letto ci attendeva,
il braciere veniva spento e paziente
aspettava la sera dopo.
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