All’Ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina mi dissero chiaro “suo Padre ha un tumore al cervelletto”. Lui, in sala d’attesa, mi domandò, anzi no, non domandò nulla, soltanto mi fissò con uno sguardo pieno d’ansia e di speranza. Mi sottrassi al suo sguardo e allungai il mio braccio intorno alle sue spalle. Errore fatale perché quel mio gesto era insolito e bastò a fargli capire la propria situazione critica. Me ne resi conto e con finta allegria gli proposi di andare all’EUR per una passeggiata a piedi intorno al laghetto. L’avevamo fatta insieme tante volte per parlare delle cose quotidiane. E puntualmente finivamo al piccolo bar su una sponda per un gelato nelle grandi coppe di cristallo. Lui conosceva la mia golosità. Anche quel giorno approdammo lì. Stava in silenzio ma teneva la fronte piegata, pensieroso. “ Al pistacchio, vero, pà’?”, gli domandai. Sapevo che non gli piaceva, ma volevo distrarlo. No, rispose, e col dito indicò la vaschetta col cioccolato. “Una coppetta”, mi fa. Ed io: “No, meglio un bel bicchierone con la montagna di panna, come sempre’’. Sedemmo al tavolino all’aperto e lui: ‘Perché siamo qui?’ ‘Non è la prima volta…”. Arrivarono i due bicchieroni col monte bianco di panna. La si mise a suggere con una lunga cialda a cannuccia, accennò ad un tenue sorriso e attaccò il suo cioccolato con voracità insolita. “‘Adagio pà’, non scappa… guardate che se finite prima non vi do il mio”.
“Mai! Mai!...Fragola limone e pistacchio...mai!’ – e guardando ancora i miei tre gusti di gelato: ‘Che colori da donna”. e si intristì. Finita la sua coppa: “Era il gelato che prendeva sempre tua madre, fragola limone e pistacchio, non ha mai preso il cioccolato, chissà perché… “ Fissò i suoi occhi nei miei: “Va tu al cimitero a dirle tutto?...”
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