venerdì 5 giugno 2020

LA PRIMA MACCHINA

HO TIRATO VIA LA TENDA e ho visto la notte, mi pare luminosa, lo è, ed è anche dolce. Non sento passare nessuna macchina, allora è tardi, si, sono le tre del mattino, ed io non ho sonno. Mi piacerebbe girare per le strade a quest’ora, proprio perché non c’è nessuno e la città è solo case addormentate. Girerei con il mio Maggiolino, fu la prima macchina e la pagai settecentomila lire, molte, tante per i miei ventun anni coi magri risparmi di allora, tutto comprato coi soldi miei, be’ no, la metà l’ebbi di nascoso da Nonna, che la portai a spasso la prima notte subito dopo la consegna.
Noi due insieme in macchina a ridere come matti alla faccia di…, lasciamo perdere, e poi a che serve. Che bevuta quella notte da pazzi! Ad ogni monumento, giù una birra. Mi piacerebbe rifare lo stesso percorso: Colosseo, piazza Venezia, piazza san Pietro e i vicoli intorno, danzare scomposti a piazza Navona coi netturbini a prenderci per matti, fare le pernacchia ai vigili notturni e scappare via, respirare l’odore intenso delle urine di tanti angoli nascosti, provvidi pisciatoi di vesciche iperattive. Mettermi seduto ai piedi di Giordano Bruno a Campo dei Fiori e parlare con lei della lingua inchiodata al povero monaco, noi irriverenti, e poi aspettare che il mercato si riempisse dei banchi di frutta dai mille colori, e respirare le sparse essenze dolciastre sopraffatte dall’odore violento del pesce suddiviso per specie e prezzo in cassette allineate, da Bruno mai sognato in mare...

Mi afferra l’emozione e piango, inchiodato qui a Potenza.

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