TURCHI A POTENZA ? La mia risposta è su “La Gazzetta del
Mezzogiorno”: Il sindaco mi invitò a
“tirare su” la Processione dei Turchi. Negli ultimi anni era diventata come un
arcobaleno sfilacciato. Era il 1987. Rimasi in poco perplesso e presi qualche giorno
per rifletterci. In realtà quei giorni mi servirono per passarli nella Biblioteca
di Potenza e in quella nazionale di
Roma: volevo capire chi erano questi Turchi tanto celebrati anche in altre
città italiane, ma tutte sul mare, dove effettivamente erano sbarcati, certo non
con intenzioni benevoli. A Potenza no, non erano mai venuti. Anche perché il
Basento non è stato mai navigabile. Allora com’era da intendere questa storia
tanto celebrata in una città di montagna? Chiusi tutti i libri, capii una prima
cosa: quella venuta dei Turchi a Potenza e quel miracolo di essere stati fermati
dal santo patrono, San Gerardo, facevano parte di una leggenda. Una pia
leggenda. Una edificante leggenda. Sicuramente bella, tanto più se si pensa che in essa si rispecchiavano,
e si rispecchiano, alcuni aspetti dell’ identità potentina. Decisi allora di
rifondarla. E se ogni leggenda dà la precedenza alla fantasia, che qualcuno può
anche scambiare per bizzarria, decisi realizzare “La meravigliosa leggenda de lo santo Gerardo e delli Turchi invasori”.
Avevo sempre saputo che la
meraviglia è un’impressione dell’anima ed io “dovevo” sorprendere le anime dei potentini che volevano rivedere un
arcobaleno vivido di colori. Ciò però significava che la Processione non poteva
essere più fatta come un tempo. Si, perché i tempi erano cambiati: in città i contadini
si contavano sulle punta delle dita, così pure i mulattieri e tante altre cose
del mondo contadino, tutt’insieme zoccolo duro della Processione e capace di
renderla “popolare”. Ma già nell’ ‘87 non
c’era più quel tipo di “popolare” e
avanzava vittorioso il popolare che usciva dallo schermo televisivo,
modificando modi di pensare e di parlare. Allora come meravigliare? La
‘Sfilata’, così la chiamai sembrandomi più appropriato, doveva avere alcuni elementi del mondo contadino
passato ma con dei nuovi.
Se dovevo
creare meraviglia, dunque, la prima immagine da fornire fu quella di far aprire
la Sfilata con otto enormi figure in cartapesta – quattro turchi e quattro
contadini - guerreggianti tra loro.
Perché figure enormi? Perché nell’immaginario collettivo il nemico è stato sempre
visto come il ‘grande mostro invasore’.
Proprio perché grande, anche i figuranti-turchi dovevano apparire in tutta la
loro potenza guerresca. E così reclutai
50 giovani da un metro e ottanta in su e scelsi per loro costumi capaci di farli apparire
imponenti e terribili. Si sa poi che ogni capo-turco ha sempre viaggiato col
suo harem. E inserii belle ragazze velate cariche di profumo e di fascino. Per
i contadini lucani combattenti pensai alla storica gente dalla faccia patita e
assolata, vestita di pantaloni rattoppati, munita di forche falcetti bastoni, carichi
di ardore e pieni di fede per difendere la loro città. Li aiutava in ciò un san Gerardo, non bambino, ma adulto
e benedicente dalla nave non più trainata dai tradizionali negri (i turchi non
sono tali), ma da soldati bruni, vinti e incatenati alla nave. Sul grande palco
di Piazza Prefettura la “meravigliosa
leggenda” fu rappresentata con la sua battaglia fra contadini- cristiani e
turchi-pagani e il trionfo finale del Santo e col Santo. Come un trailer televisivo.
La sorpresa fu generale, come
avviene alla fine di ogni leggenda. Certamente non bizzarra. Forse
meravigliosa… Quella mia esperienza fu come un soffio di vento. in "La Gazzetta del mezzogiorno", 23.maggio 2017 pg. 6
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