martedì 23 maggio 2017

POTENZA DEI TURCHI




 TURCHI A POTENZA ? La mia risposta è su “La Gazzetta del Mezzogiorno”:      Il sindaco mi invitò a “tirare su” la Processione dei Turchi. Negli ultimi anni era diventata come un arcobaleno sfilacciato. Era il 1987. Rimasi in poco perplesso e presi qualche giorno per rifletterci. In realtà quei giorni mi servirono per passarli nella Biblioteca di Potenza e in quella  nazionale di Roma: volevo capire chi erano questi Turchi tanto celebrati anche in altre città italiane, ma tutte sul mare, dove effettivamente erano sbarcati, certo non con intenzioni benevoli. A Potenza no, non erano mai venuti. Anche perché il Basento non è stato mai navigabile. Allora com’era da intendere questa storia tanto celebrata in una città di montagna? Chiusi tutti i libri, capii una prima cosa: quella venuta dei Turchi a Potenza e quel miracolo di essere stati fermati dal santo patrono, San Gerardo, facevano parte di una leggenda. Una pia leggenda. Una edificante leggenda. Sicuramente  bella, tanto più se si pensa che in essa si rispecchiavano, e si rispecchiano, alcuni aspetti dell’ identità potentina. Decisi allora di rifondarla. E se ogni leggenda dà la precedenza alla fantasia, che qualcuno può anche scambiare per bizzarria, decisi realizzare “La meravigliosa leggenda de lo santo Gerardo e delli Turchi invasori”.
  Avevo sempre saputo che la meraviglia è un’impressione dell’anima ed io “dovevo” sorprendere le  anime dei potentini che volevano rivedere un arcobaleno vivido di colori. Ciò però significava che la Processione non poteva essere più fatta come un tempo. Si, perché i tempi erano cambiati: in città i contadini si contavano sulle punta delle dita, così pure i mulattieri e tante altre cose del mondo contadino, tutt’insieme zoccolo duro della Processione e capace di renderla  “popolare”. Ma già nell’ ‘87 non c’era più quel tipo di “popolare”  e avanzava vittorioso il popolare che usciva dallo schermo televisivo, modificando modi di pensare e di parlare. Allora come meravigliare? La ‘Sfilata’, così la chiamai sembrandomi più appropriato, doveva  avere alcuni elementi del mondo contadino passato ma con dei nuovi.                                                                                                         
        Se dovevo creare meraviglia, dunque, la prima immagine da fornire fu quella di far aprire la Sfilata con otto enormi figure in cartapesta – quattro turchi e quattro contadini -  guerreggianti tra loro. Perché figure enormi? Perché nell’immaginario collettivo il nemico è stato sempre visto come il  ‘grande mostro invasore’. Proprio perché grande, anche i figuranti-turchi dovevano apparire in tutta la loro potenza guerresca.  E così reclutai 50 giovani da un metro e ottanta in su e  scelsi per loro costumi capaci di farli apparire imponenti e terribili. Si sa poi che ogni capo-turco ha sempre viaggiato col suo harem. E inserii belle ragazze velate cariche di profumo e di fascino. Per i contadini lucani combattenti pensai alla storica gente dalla faccia patita e assolata, vestita di pantaloni rattoppati, munita di forche falcetti bastoni, carichi di ardore e pieni di fede per difendere la loro città. Li aiutava  in ciò un san Gerardo, non bambino, ma adulto e benedicente dalla nave non più trainata dai tradizionali negri (i turchi non sono tali), ma da soldati bruni, vinti e incatenati alla nave. Sul grande palco di Piazza Prefettura  la “meravigliosa leggenda” fu rappresentata con la sua battaglia fra contadini- cristiani e turchi-pagani e il trionfo finale del Santo e col Santo.  Come un trailer televisivo.
La sorpresa fu generale, come avviene alla fine di ogni leggenda. Certamente non bizzarra. Forse meravigliosa… Quella mia esperienza fu come un soffio di vento.                                                in "La Gazzetta del mezzogiorno",  23.maggio 2017 pg. 6

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