Un
prestigioso complesso jazz romano mi ha invitato a scrivere il testo
di commento per la brochure del suo disco dal titolo “I Traditori”,
di prossima uscita. Detto fatto: lo scritto parla del significato
del tradimento. Per chi è curioso può leggerlo in anteprima qui di
seguito.

No, non è così.
Per noi la parola traditore rimanda subito a Giuda, ”archetipo
dell'infamia”. così com'è stato classificato e isolato dal
Cristianesimo. Tutti sappiamo che con
un bacio egli tradì il suo Maestro per consegnarlo ai nemici,
pronti a crocifiggerlo. Mentre l'evangelista Luca cerca di attenuare
la sua responsabilità dicendo che “Satana entrò in Giuda”,
attribuendo così il suo gesto al possesso diabolico, Matteo gli
addossa tutta la responsabilità per aver agito per cupidigia (in
cambio di denari, cioè). Prevarrà questa seconda tesi. Eppure la
morte di Gesù era inevitabile, (“come sta scritto”), ma non era
inevitabile che fosse uno dei suoi discepoli a tradirlo. I cristiani
sanno che l'azione da lui compiuta era mirata a “fondare”
qualcosa di diverso: la Nuova Legge, basata sull'amore e sulla
giustizia! Però senza quel tradimento non ci sarebbe stata la morte
redentrice di Gesù. Tuttavia Giuda rimane la personificazione del
tradimento “malefico”.
Anche
in altre religiosi c'è un “traditore” che consuma il “deicidio”,
ma viene considerato come uno dei responsabili “positivi”della
fondazione del nuovo ordine e, quindi, reso oggetto di culto. E'
così nei miti greci, e prima ancora in molte religioni di popoli
primitivi, e, in età storica, presso gli dei dell'antico Egitto,
nella religione della Mesopotamia e in quella persiana di Zoroastro,
nelle religioni anatoliche e in quelle della Siria e della Palestina.
Un
esercito di storici delle religioni, teologi, antropologi ha
riconosciuto il principio secondo cui “è
criminale uccidere la vittima perché essa è sacra…, ma la vittima
non sarebbe sacra se non venisse uccisa”.
Ne consegue che si è sempre avuto un circolo che ancora oggi
conserva il nome di ambivalenza.
E' difficile accettare tale conclusione, ma il tradimento ha proprio
tale caratteristica. Nell’ elaborazione che ne ha fatto la Chiesa,
il tradimento di Giuda assume, invece, un’apparente trasparenza
perché imperniata sul meccanismo della colpevolezza
e non del sacrificatore. E' stata negata all' azione da lui compiuta
la possibilità di trasformarsi da malefica in benefica. Proprio tale
negazione rende inesorabilmente traditore Giuda. Egli non può
assumere nessun altro ruolo: egli “deve” far uccidere la Vittima
(Gesù). Non può essere sostituito. Proprio per questo anch’egli
diventa vittima, non degna però di considerazione, così come
avviene nelle religioni dette. Nelle quali il sacrificio della
“Vittima” (del dio cioè) appare si come frutto di una violenza
criminale, ma il tradimento è considerato “positivo” perché
finalizzato alla realizzazione dei frutti di quel sacrificio.
Il fatto
è che dimentichiamo il significato etimologico di tradire.
Esso
ha la
radice in 'tradere',
che in latino
vuol dire “consegnare” un ordine precostituito in nome di una
nuova “consegna”, di un nuovo ordine. Tradire sancisce dunque il
dramma del passaggio dal vecchio al nuovo, eterno dramma del processo
evolutivo. Anche la parola tradizione
ha la stessa radice. Cosicché quando il nuovo si afferma il
tradimento si trasforma in tradizione. Proprio questo è il
significato etimologico della tradizione: essa è la storia dei
tradimenti passati. Andare alla riscoperta di essa vuol dire allora
avere nostalgia per la morale della fedeltà, con tutto ciò che ne
consegue.
Intanto
noi continuiamo a chiederci: fino a quando la parola traditore
non
verrà intesa nel suo significato ambivalente e non soltanto di
violenza negativa?
1 commento:
http://www.youtube.com/watch?v=dgBX54iwg8c
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