La crisi
vissuta da Bergoglio è simile a quella di Loyola.. Anche per
Ignazio la malattia è seme di riflessione. Egli era nato nel
1491. Poi, secondo l'autobiografia, viene educato a corte , “diviso
fra la vita militare e la compagnia femminile”. Un colpo lo
ferisce ad una gamba durante la difesa di Pamplona dalle truppe
francesi (1521). La convalescenza è lunga. La trascorre leggendo
libri di cavalleria (veicoli di una ideologia di superiorità
sociale) perché egli “si appassionava molto alla lettura di libri
mondani e falsi”. Chiede ad una suora infermiere altri testi e
riceve “una 'Vita Christi' e un libro sulla vita dei santi”
scritto da Jacopo da Varagine. Il primo, del 1374, è di Ludolfo di
Sassonia e contiene alcune tecniche di meditazione sulla Passione. E'
proprio questo testo a portarlo a “conoscere la diversità degli
spiriti che si agitavano in lui, l'uno del demonio, l'altro di Dio”.
Gli insegna anche il modo in cui attuare la “immersione completa”
nella spiritualità e come proiettare se stessi nella Passione.
Apprende così a seguire l'esempio di Gesù!
Dopo queste due
letture, egli recepisce alcuni aspetti dell' ”alumbradismo”,
movimento religioso impegnato a predicare la spiritualità mistica
e la preghiera mentale. A questo punto Ignazio concepire una prima
novità:
secondo lui la religiosità della gente comune non può essere
fondata sul sapere teologico e scolastico, bensì sull' esperienza
religiosa soggettiva, personale avente come centro alcune esperienze
di illuminazione interiore.
Ad esse si perviene valorizzando la preghiera mentale,
alimentando le consolazioni interiori, intensificando la frequenza
alla comunione [pratica all'epoca controversa]. Principi nuovi che
allarmano l'Inquisizione che scorge in essi l'ombra di un diavolo
pericoloso: “la
libertà di coscienza”.
Ignazio smonta le accuse di sospetta eresia durante il processo
intentatogli ad Alcalà.
Un
secondo processo lo subisce a Salmanca, questa volta per il suo testo
“Esercizi Spirituali”, di cui si è parlato in precedenza. Lo
assolvono ma gli limitano la libertà di predicare. Allora egli, già
di 37 anni, si trasferisce a Parigi per studiare latino, teologia e
filosofia ma soprattutto per procedere nel suo intento. Il 15 agosto
1534, a Montnartre, con cinque amici
spagnoli fonda il primo nucleo di quella che sarà la Compagnia di
Gesù. Il gruppo emette i tre voti canonici: povertà, castità ed
obbedienza. Ignazio ne aggiunge un quarto, nuovo ed unico nel suo
genere: obbedienza
al papa.
Ancora
una novità:
Ignazio stabilisce la collegialità delle decisioni ritenendola utile
alla coesione del gruppo per “servire Dio nel mondo”. Ciò
significa che i gesuiti non debbono vivere nel chiuso del convento
bensì agire nella società attenendosi però a cinque regole
precise: “spirito apostolico per il progresso della anime; lealtà
e obbedienza al Papa; dedizione alla povertà; obbedienza al
Proposito generale [il Superiore da loro stessi eletto a vita];
abolizione della preghiera in comune per meglio spendere il tempo in
favore dei propri incarichi”. Questi punti finalizzati al
programma operativo vengono scritti nella “Formula” (= Statuto)
presentata a Paolo III, che l'approva nel 1540. E' così fondata
ufficialmente la Compagnia di Gesù governato da un ferreo ordine
gerarchico, un forte spirito di corpo, una totale obbedienza ai
superiori: “Chi vive nell' obbedienza deve lasciarsi condurre e
dirigere dalla Divina Provvidenza per il tramite del superiore quasi
fosse un cadavere [perinde ac cadaver], il quale si lascia potare
dovunque e in qualunque modo”, precisa Ignazio nella famosa lettera
del 1553, divenuta pietra miliare del suo pensiero.
Il gesuita deve
sottostare, dunque, ad un “potere assoluto”? E' la domanda posta
per secoli dai detrattori. La risposta è stata data con un
“distinguo”, ribadito ancora oggi anche nella biografia di
Papa Francesco: il principio di “obbedienza assoluta” va inteso
come “adesione assoluta” al servizio apostolico, scopo della
Compagnia. Tale principio governa la gerarchia dei ruoli descritti
nelle“Costituzioni” (=Regolamento) dell'Ordine promulgate nel
1558. Due anni prima Ignazio era morto lasciando una Compagnia di
1000 padri gesuiti, diventati 8000 già nel 1580. Un grande successo
in tutta Europa! Nella quale essi esercitano la loro azione
finalizzata, come dice Ignazio, alla “cura delle anime”: dal
pulpito, negli ospedali, nelle carceri, verso i poveri (in proposito
egli fonda l'Ospizio di Santa Marta), nella confessione, nel sistema
educativo, nelle missioni. Ma attenzione: nella “cura delle anime”
il gesuita “deve” agire secondo una direttiva importantissima,
con ”accomodatio”,
cioè essere flessibili secondo i tempi, le circostanze, le
coordinate sociali. Direttiva non di poco conto! (vedi in proposito
il film “Mission” di Jaffé con De Niro (1986)).
Leggiamo
gli scritti di Papa Francesco, le sue interviste raccolte nei
molteplici libri in circolazione, ascoltiamo i suoi discorsi, le sue
prediche, anche quelle pronunciate in Santa Marta, e... lo
troveremo figlio primogenito di Ignazio!
(2-Continua) Pubblicato du "Il Quotidiano", 12.05.2013
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