
Terminavo l’articolo uscito domenica scorsa chiedendo: chi ha chiuso le palpebre ad Alice perché viva in un paese delle meraviglie? Chi ha creato Peter Pan, tutto negazione ed egoismo? Chi ha abbandonato Pinocchio dentro un pezzo di legno?
Più di uno mi ha risposto su facebook: “Gli adulti!”. Altri: “L’estrema libertà concessa ai nostri ragazzi è forse all’origine della disobbedienza civile e non solo, e quando questa poi si alimenta nei Centri Sociali, il disobbedire diventa una forma di insurrezione perché si ha il sentore di restare a lungo all’ultimo gradino della scala sociale”. E ancora : “Oggi, purtroppo, non ci sono più narratori, artisti, pedagogisti o politici capaci di rappresentare i bisogni interiori, profondi dei pbambini, dei giovani. L'umanità è una squallida realtà quotidiana”. Infine: “La povertà culturale e sociale è una delle cause della disobbedienza dei giovani”.
Nella categoria degli ‘adulti’ responsabili delle Alici, dei Peter Pan e dei Pinocchi sono da mettere al primo posto i genitori, cioè la famiglia. E questa è la fondamentale istituzione creata dall’uomo, universalmente concepita come un bisogno primario per l’equilibrio psicologico dei suoi componenti, per la concreta protezione da dare ai figli, per il necessario nutrimento fornito ad essi ai fini della conservazione della specie Sulle responsabilità della famiglia d’oggi sono state fatte diagnosi scrivendo articoli, libri, parlando in TV, convegni, ecc.. Parlano. Parlano. E di solito a farlo sono sempre loro, gli adulti, i quali, è ovvio, non amano guardarsi nello specchio e quando lo fanno dicono che lo specchio è incrinato. Da notare poi che quando parlano del futuro dei giovani usano quasi sempre il verbo al condizionale. Il che vuol dire che questi ‘adulti’ hanno perso quasi sempre la chiarezza delle idee nel rapportarsi ai figli.
Per comodità o per mancanza di coraggio educativo o anche per disorientamento pedagogico, essi collocano i loro figli, al pari di Peter Pan, nella mitica Terra di Nessuno, e per un po’ di anni fanno loro credere che quella terra è sempre esistita e che è senza fine.
L’età adulta arriva però anche per i bambini. E allora prepotente si presenta ai giovani la questione del lavoro: ne nasce un conflitto generazionale. Il quale è completamente nuovo rispetto al passato. Allora i figli prima contestavano e poi finivano per diventare simili ai padri, nel lavoro e nella società. Il conflitto attuale è diverso: i genitori hanno vissuto e vivono un welfare generoso che i figli non avranno più. Hanno vissuto e vivono con privilegi - posto fisso, pensioni generose, pensioni d invalidità, ecc. – che i figli non conosceranno perché a loro è riservato il peso di una precarietà economico-sociale – insicurezza del posto di lavoro, basso reddito, difficoltà a creare una propria famiglia, ecc. -.
Se Pinocchio sognava giochi e “scaffali pieni di frutta glassata, torte panettoni, torroni e dolci con crema”, oggi un giovane sogna tutte le “golosità” tecnologiche. Ma se il primo ebbe poco o niente di quanto sognato, il secondo le ha quasi tutte incurante che questi nuovi strumenti tecnologici tendono ad insinuarsi nell’intimità del suo corpo. Ciò significa che più tempo passa e più le sue relazioni personali dipendono dalle relazioni con le tecnologie e i media. Cosicché “dopo il loro uso, l’utilizzatore/consumatore ritorna alla sua solitudine” (Augé).
Solitudine che riporta molti giovani nella Terra di Nessuno in cui sono cresciuti. E così molti prendono i loro sogni in prestito dalla droga senza capire che quei sogni sono popolati soltanto da fantasmi. I quali non suscitano desideri di fare propositi concreti. Ma perché poi farli?... Pensando a questa situazione vado con la mente a quella pagina del libro di Collodi in cui Geppetto dice di aver conosciuto molti altri Pinocchi e “tutti vivevano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina”.
Ecco affiorare allora un secondo elemento: l’istruzione. E’ inutile ripetere le geremiadi sulla scuola. Prendiamo atto che i saperi tradizionali sono svaniti. La loro perdita non ha significato però accesso ai nuovi saperi. E’ avvenuto l’esatto contrario. Questo è il dramma. Ne fa una lucida analisi Marc Augé nel prezioso libricino “Che fine ha fatto il futuro?”.
ntanto sta emergendo una “evidenza” - per me drammatica: dall’inizio di questo secolo, il 2000, è in atto la crescita dell’ignoranza. Non sono soltanto io, per ragioni di lavoro, a constatarlo ma una prestigiosa rivista americana, “Science”. Tale “evidenza” va spiegata: è fortemente aumentato lo scarto tra coloro che posseggono saperi specialistici e quelli che hanno la cosiddetta ‘cultura-media’. La scienza aumenta, ma è diminuito l’interesse verso di essa da parte dell’uomo-acculturato-medio. Il che determina il formarsi, sempre più in modo accelerato, di pericolosi santuari del sapere (scientifici, economici, ecc.) che spesso cedono alle lusinghe del potere politico a scapito del resto della popolazione per il progresso della quale dicono di lavorare. Questo fenomeno va riferito agli U.S.A-Canadà e all’Europa occidentale, due delle quattro aree geografiche che danno vita alla globalizzazione. Ed allora? Siamo nel labirinto, credo...
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