
Caro Direttore, Le invio un breve mio scritto di qualche tempo fa. Uscì in francese, su un giornale della Facoltà alla Sorbona (che allora frequentavo) in quel 1961 in cui Sartre contestava la Shoah e discuteva sull’impegno degli intellettuali in politica con Merleau-Ponty (che morì proprio in quell’anno). Quelle diatribe fra i due sono state pubblicate col titolo “Lettere di una rottura”. Che anni, ragazzi!
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Un ciwawa che incontro per strada: una quantità di ricordi che si sovrappongono ai pensieri dei miei giorni. E così ogni volta penso ad un ciwawa in un tempo che ha segnato la mia vita.
Ero in un recinto. I passi cadenzati di due SS avevano calpestato il mio universo di bambino. Lo ricordo.
Un giorno il capo delle guardie del campo mi disse: “Nella mia stanza c’è un cane. Puliscilo!” Andai. Il cane che trovai era piccolo, nero, carino e… sazio. Guardai con invidia la sua scodella, piena! Eseguii l’ordine ricevuto.
Alla cuccia del cane ritornai ogni giorno. Dovevo lavarlo, pettinare, curare e anche divertire. Era bello! Veramente. Piccolo, forse di un anno. Chissà. Si, era veramente piccolo: gioioso, capriccioso, pronto a fare amicizia con tutti. Proprio come un bambino.
Là, il tempo divorava le ore di gioia del mio passato, ma il ciwawa con i suoi saltelli, le sue capriole, i suoi guaiti, mi aiutava a non piangere. Lo ricordo.
Perciò credo che tutti i piccoli animali, più che farci divertire, ci aiutino a non farci dimenticare un qualcosa.
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