
I Chukchi (leggi Ciukci) è un popolo indigeno della Siberia. In passato avevano un modo particolare di affrontare i venti quando questi diventavano dannosi alla loro agricoltura. I maschi adulti si denudavano il sedere e cantilenavano: “Vento, vento occidentale, guarda qui! Guarda le mie chiappe. Ti daremo il meglio. Smetti di soffiare!” Ma spesso gli dei del vento s’infilavano nell’orifizio, il più venerabile degli orifici, elegantemente chiamato dai Romani “anus” , cioè “anello”. Allora succedeva che i Chukchi saltellavano ancora di più, ma questa volta imprecando.
In un testo dei primi del Novecento un ’antropologo pudico descrive così questo rituale: “Gli uomini che pronunciano la formula magica si abbassano i pantaloni e si mettono a saltare sottovento, esponendo le natiche nude all’aria. Nell’enunciare ogni parola, battono le mani”.
Noi del XXI secolo parliamo spesso di altri rituali. Anche di tipo politico. Quello sopra descritto, che è di natura religioso-economico, può essere preso ad emblema di certi rituali politici lucani. Qualche facilone malizioso potrebbe subito equiparare i nostri parlamentari, consiglieri e sindaci della regione ai Chukchi alla rovescia, nel senso che ogni cinque anni essi si mettono a saltare sottovento facendo finta di mettere a nudo le loro buone intenzioni. Lo fanno per attirare il consenso. Ottenutolo, battono le mani a se stessi per essere riusciti a far credere agli elettori di essere pronti a …bla bla bla. In realtà, come gli dei del vento entreranno nel più venerabile degli orifici facendo imprecare i lucani.
Qualche altro, nascostamente brontolone, potrebbe invece dire che a tenere i pantaloni abbassati è il popolo di qui. Il quale tiene esposte le chiappe e invoca che smetta di soffiare il vento della corruzione diffusa, il vento degli appalti truccati, dei concorsi fasulli, il vento delle scandalose nomine a settori specifici di persone non sempre professionalmente idonee, il vento dello spreco di risorse comunitarie con “eventi” culturali di grande spessore… paesano, il vento degli aiuti aleatori ai giovani senza domandare loro una resa economica, e l’altro degli aiuti inadeguati alle imprese (quelle che sopravvivono al disastro delle infelici gestioni) , il ventaccio bubbonico ma redditizio dell’Alta formazione , e quello della Cittadinanza solidale e dell’Ospitalità nei borghi e del Reddito ponte e dello Sconto gas e quel brutto vento dei P.I.O.T. (Pacchetti Integrati Offerta Turistica); il vento flautato delle promesse all’Università, all’ARDU per dare i servizi ai giovani studenti, passivamente pacifici.
Un ottimista potrebbe dire che con tutti questi venti di moti convettivi (=verticali) e di moti advettivi (=orizzontali) si potrebbe pensare ai nostri politici simili a dei aerogeneratori, cioè produttori di energia. Si, però gli aerogeneratori sono strumenti per la produzione di energia rinnovabile. L’equiparazione non regge perché a ben guardare questi signori, non soltanto non producono energia per alimentare l’economia locale e la qualità della vita e la riduzione della povertà eccetera, ma loro stessi mostrano di non avere intenzione di essere rinnovabili! (dal punto di vista della cultura politica e di governo).
Allora che fare? Facciamo una breve riflessione, seria però Nel suo discorso di insediamento, Obama, ad un certo punto, fece un richiamo ai cittadini, non soltanto americani ma del mondo intero, noi compresi. Egli si appellò “alla necessità di una rinnovata consapevolezza delle proprie azioni e degli effetti che ne derivano”. Il bel monito ha voluto ritualizzare, con una carica di tensione ideale, quel principio costitutivo dell’uomo moderno, principio che si trova riassunto “nella categoria di responsabilità e che rappresenta, assieme all’idea di libertà, la vera chiave di volta della ‘democrazia dei moderni’”. Quell’appello era soltanto un rilancio degli antichi valori? No. Esso, com’è stato giustamente commentato, ha espresso “l’urgenza improrogabile di una loro proiezione sui nuovi scenari rappresentati dalle sfide e dai rischi di un mondo sempre più interdipendente e globalizzato”.
Tra questa necessità di ripristinare alcuni valori, invocata da Obama, vi è quello della “responsabilità” nel suo significato etimologico con duplice valenza: “rispondere-di” e “rispondere-a”. Certo, oggi le condizioni storico-culturali dell’Occidente non sembrano in grado di supportarla, tanto a livello individuale che collettivo. Ci inventiamo sempre più dei palliativi in alternativa. Ma i messaggi che ci giungono sono tanti e, a ben guardare, ci pongono quasi tutti lo stesso quesito (per se sotto vesti diverse): essere Chukchi o democratici responsabili?
Personalmente credo ancora nelle capacità dell’uomo di esercitare la responsabilità. Intanto penso ad alcuni versi di una canzone dei Tiromancino, “Vorrei imparare dal vento a respirare/ avere la pazienza delle onde, di andare e venire/ ricominciare a fluire…
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