
La festa è finita. I giovani hanno alzato il gomito. Giustamente. I benpensanti si sono per questo scandalizzati. Giustamente. E’ loro mestiere rompere le scatole. Qualcuno in vena di ilarità ha proposto di far bere gazzosa l’anno prossimo. Giustamente. Non è da tutti capire che la festa è anche “eversione”. Qualcun altro ha sospettato che il vino venduto in piazza non fosse un granché. Giustamente. Che vino può essere mai quello venduto a “cinque litri tre euro”?
Eppure, quelle persone che in costume hanno percorso Potenza il 29 maggio scorso lo hanno fatto in onore del loro Patrono! Consapevoli e in più entusiasti sono stati anche i “Portatori del Santo”, cioè quel gruppo di giovani che da qualche anno lavora per “vivacizzare” presso i coetanei il ricordo dell’antico Vescovo e per dare un tono di allegria a questo rassegnato ambiente cittadino. Perfino il sindaco ha indossato abiti storici che lo hanno avvicinato a quelle che sono le aspirazioni “totalitarie” di ogni sindaco: essere signore e padrone della città! E’ da apprezzare il suo senso dell’humor e dell’ironia, non abituale nella normale amministrazione della cosa pubblica.
Il popolo della città e del contado ha partecipato con la curiosità di vedere il”nuovo” promesso. Di apprezzarlo. O di criticarlo. O di trovare il pelo nell’uovo. Ed è giusto che sia così perché ciò vuol dire mostrare interesse per questa festa. Che importa se non sa quando essa è nata
Tale incertezza da anni costituisce il cruccio degli studiosi locali, infallibili nelle loro affermazioni; di qualche accademico che affoga le sue supposizioni nella palude dell’indefinito; di ecclesiastici infervorati dalle “loro” verità non sempre coincidenti con la storia. Suvvia: è pur sempre una salutare vivacità intellettuale di provincia!
Ma oggi si sente forse dire che Gerardo fu qui appositamente inviato – e non capitato per caso - e fu “sapiente, e rischiaratore impose ai Sacerdoti di mantener sempre viva la fede del sapere” (sic!). Egli, “dotato di sublimi concetti, si vide balestrato in questa vita (potentina) per scorgere i mali e sanarli con opportuni farmaci. Gerardo fu il solo, che dando per poco uno sguardo alle sciagure della nostra patria, si apprestò immantinente a guarirle”. Egli è “Duce, Padre, vegliante Dottore” che “quivi educa una rigida gente rotta ai vizi, nel lusso languente, orrorosa nei modi a vader”!
Viene poi spiegato in ce cosa consisteva quell’”orrorosa nei modi”. Si riferisce ad una popolazione che “giace miseramente sepolta nell2e orride terre dell’ignoranza” e che lui, Gerardo, guida “allume delle verità umane e divine”.
Forse in questo consiste il vero grande, grandissimo miracolo da lui compiuto: richiamare ed istruire alla fede evangelica il popolo potentino secondo i canoni della Chiesa.
Ma ahimè, si preferisce parlare dell’altro miracolo, presentandolo come il più notevole da lui compiuto: l’aver dato all’acqua il sapore del vino (non tramutò quindi l’acqua in vino). Povero san Gerardo, rimpicciolito da simile piccineria!
E’ antropologicamente interessante una preghiera del 1887. Descrive i benefici elargiti da Gerardo alla città. Il fedele potentino pone quindi al suo Patrono una domanda tremenda: “Quale altro compenso ed amore ne riportaste da noi, se non quello che fu unicamente valevole a provocarvi sdegno, perché freddo oltremodo, imperfetto, mancante?” Ciononostante, il fedele continua a nutrire la speranza che egli “su dal Cielo regnando non cesserà di proteggere “questo amatissimo Gregge” (potentino).
La singolare preghiera termina invocando la protezione dalle calamità, dalle disgrazie, dalla rovina dei campi, salvaguardarli dalla tempesta, “frequente ragione dei nostri lutti”. Se vi sarà questa particolare attenzione verso di noi potentini, noi “ci sentiremo non solo a confessarvi come Patrono, e come Padre ad amarvi, ma obbligati altresì a farvi conoscere, e venerare per taleanche dai figli, e nipoti, che nasceranno” (do ut des!).
Questa preghiera è preceduta dalla descrizione de le “Gesta e i Trionfi raccolti nel secolo XI da San Gerardo della Porta”. In essa non vi è alcun accenno ai Turchi a Potenza. Non ne parla neppure il vescovo Manfredi, suo successore “al quale siamo debitori della vita di Gerardo da lui tramandataci”. I documenti successivi esplicitamente tacciono anch’essi. E come questi, anche gli scritti laici in proposito non sono mai espliciti. Come scrissi nel 1987, anno in cui curai io la manifestazione, 1) la Sfilata dei Turchi non ha una data precisa in cui è stata istituita; 2) essa non è nata con l’intento di celebrare un preciso avvenimento miracoloso vissuto dalla città; 3) essa si è delineata durante occasioni di avvenimenti storici vissuti dalla città e sui quali si sono formate e stratificate delle “consuetudini” sempre rinnovantesi.
Il resto sono lodevoli tentati vidi andare alla “ricerca del padre”. Possibilmente nobile e non eretico.
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