
1968. Tra una contestazione e l’altra, tra un amore libero e l’altro nelle aule dell’Università romana, trovai il tempo di dar sfogo al mio spirito nomade: andai al “trono di Dio” cioè a Lhasa, capitale del Tibet. All’epoca, noi giovani viaggiavamo con in tasca il Libretto Rosso di Mao. Visitai il quartiere del Barkhor e l’area del Potale, due siti di grande valore artistico-culturale.
Nell’area c’era il Palazzo, secolare residenza del Dalai Lama. Accanto viveva una comunità di monaci. Mi fu concesso l’”onore”di parlare con il Lama, al quale chiesi bisbigliando, come la circostanza richiedeva, perché vivessero in castità. Mi rispose in sintesi: “La castità ha lo scopo di liberarci dalla Maya esteriore ed interiore, oggettiva e soggettiva, cioè dall’illusione del mondo menzognero della bellezza e dei piaceri e dalle preoccupazioni mentali di pensare ai figli, al governo della casa, alla eredità da lasciare. La parola Maya infatti significa: apparenza irreale della realtà, potenza d’illusione connessa con l’universo sensibile e la sua molteplicità. Il velo della sessualità ci immerge in questo mondo volubile dei sensi e in questa fantasmagoria di distrazioni e di estroversione e non ci si può dedicare con calma alla contemplazione della verità”. Gli dissi che essa era forse il modo estremo di vivere l’amore.
1969. Ero in Algeria. Portavo ancora in tasca Mao. Ma nel cervello da tempo esisteva una piccola area dedicata a sant’Agostino. Ero là e non potevo fare a meno di spingermi fino al “mercato dei leoni”, oggi Souk Ahras e ieri Tagaste. Nel 354 egli vi era nato. Là salii sulla collina dominante l’antica città scomparsa. Là c’era un albero d’ulivo simile a quello sotto cui Lui, giovane, passava ore a meditare. Tale albero attirava e ancora attira da tutto il mondo i suoi “innamorati”. Lo ero anch’io, nonostante Mao.

All’ombra di quell’albero trovai più persone: una giovane coppia americana della Pensilvania. Lei belloccia e formosa. Lui dagli occhi di ghiaccio come chi si impone una rigorosa castità. C’era un giovane trapanese dagli occhi accesi come carbone. Stava pure un lucano (oggi ancora vivente). Aveva lo sguardo mansueto. Provo a mettere insieme i frammenti di quel discorso come a voler ricostruire il mosaico dei sentimenti.
Osservavamo le poche statue intagliate nel marmo, resti di un’antica basilica. Il siciliano ridendo indicò la statuina di Adamo senza sesso. L’americana annotò che lo era anche quella di Eva. Il siculo domandò retoricamente se si potesse vivere senza sesso e aggiunse:”Meno male che sant’ Agostino ha detto “Ama e fa’quel che vuoi!” Il lucano lo fissò con sguardo semplice, chiaro, come se in quella dolcezza ci fossero già tutte le passioni del mondo, e anche la pietà, che è passione e comprensione.
Dicemmo tra noi: quel ‘ama e fa’ quel che vuoi!’ è una delle audaci espressioni di Agostino. Per secoli essa ha avuto fortuna perché è stata interpretata soprattutto ad uso e consumo personale. Egli lanciando, come una freccia, nell’umanità questa frase, si riferiva all’Amore con la ‘A’ maiuscola ma non soltanto attribuita a quello sensibile, ma anche a quello esistenziale nel quale si raccoglie tutta la realtà del nostro essere.
Il giovane dagli occhi di ghiaccio osservò che a complicare il problema sta il fatto che noi, con la parola amore chiamiamo sia le cose della carne che quelle dello spirito. Oscilliamo tra queste due realtà che ci prendono e a volte ci attanagliano. Il lucano fece notare, quasi con aria rassegnata, che i sensi hanno i loro piaceri, spesso misteriosi, spesso complicati perché complicato è l’animo dell’uomo che desidera soddisfarli. Io feci notare, pressappoco così: “Spesso è difficile distinguere. Di solito quando parliamo di amore partiamo sempre dalla donna. Sarebbe più giusto dire dai sensi che ella risveglia in noi! Certo, la sensualità che promana da lei è sempre in agguato. E’ diversa dalla nostra di noi uomini. E’ difficile da capire. Direi è più capricciosa, più intermittente, spesso complicata da cose, da ombre o da sentimenti, o anche da concessioni materne, di cui noi uomini non abbiamo un’idea. Alle volte ci mettiamo in testa irruenze straripanti, quando c’è solo frigidità, appena vinta con sforzo o con abile dolorosa commedia. Altre volte, invece, con accensioni improvvise”.
L’americana osservò che tuttavia è sempre bello avere a che fare con una persona che ama perché è anche disposta a capire. Ma uno che si accende soltanto dei desideri della carne, senza mai innamorarsi, si sperde nella solitudine e può finire col percorre le strade della sensualità più spinta. Quasi per il bisogno disperato di avere un continuo odore di femmina nell’ anima”.
All’unisono ci ricordammo il seguito dell’affermazione “Ama e fa’ quel che vuoi: Se taci, taci per amore. Se parli, parla per amore. Se correggi, correggi per amore. Se perdoni, perdona per amore. Nel profondo del tuo cuore ci sia la radice dell’amore”.
2010. Sono a Potenza, via Pretoria, guardo le vetrine: c’è la torta dell’amore; il dolce san Valentino; un cuore d’oro e strass; 18 cuori creativi in mostra; rose rosse per lei; libri con cui dirsi ti amo….
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