domenica 3 gennaio 2010

AUGURI E CHAMPAGNE


A mezzanotte di Capodanno si è bevuto e si è sparato. Si è bevuto brindando ad una qualche speranza personale. Un tempo il contadino lucano per farlo tirava fuori quel poco di vino buono che conservava per le grandi occasioni. Non era vino di Francia ma della sua terra che gli chiedeva di sputare sangue prima di dargli qualcosa. Era un vino semplice e freddo.
Caldo e speziato è invece ancora oggi il “Gluhwein”, il vino bevuto da tedeschi e austriaci. Quelli della Gran Bretagna lo scaldano misto a birra con dentro mele arrostite e spezie. Brindano così a mezzanotte. I Danesi lo fanno con speciali varietà di birre e di grappa. Punch a base di rum si beve in onore prima del Bambino e poi di Capodanno nei paesi dell’ America centrale. In Equador è invece dolciastro e leggero il thè con cui brindare. Lo caricano di spezie e di un brandy dall’ aroma di anice. Non dolce ma di sapore acidulo è il liquido per fare cin cin in Giamaica. Lo ricavano dall’acetosella. All’opposto, pieno di calore e di calorie è l’”eggnog” bevuto in USA: è una specie di zabaione fatto con rum, latte, tuorli d’uova, panna, zucchero, insaporiti con vanillina-cannella-chiodi di garofano. Ma segue rigorosamente lo champagne o un generico spumante. Dipende dalla tasca.
Si è sparato. Mortaretti e tric-trac. Stelle filanti e fucilate. In molte città europee mobili vecchi e bottiglie vengono buttate dalle finestre. Tutto per scacciare i fantasmi dell’anno che sta morendo e per dare il benvenuto all’anno nuovo. Fino agli anni Sessanta del secolo scorso dall’Inghilterra all’Austria c’erano le “città di sferraglio”. Erano quelle in cui i cittadini scoccavano le fruste e sbattevano i bastoni contro le case e suonavano tamburi e campanacci e indossavano maschere per non farsi riconoscere dagli spiriti malvagi. E urlavano. Tanto fragore assordante per cacciare l’Anno Vecchio! Altre città lo annegavano nel fiume o lo bruciavano su un rogo sotto le sembianze della Morte. Che lucubri!
Verrà ora l’Epifania. La parola greca vuol dire “manifestazione”. E’ stato detto che i re Magi adorarono Gesù dopo che la notizia della sua nascita fu loro “manifestata” dall’apparire di una stella. Erano in tre. Per questo in Spagna il sei gennaio viene chiamato “Giorno dei tre re”. Lo chiamano così anche in Germania e in Austria. E in queste due ultime si usa tracciare con un gesso le iniziali dei tre re – G – M - B – sulle porte di casa e dei granai. Sempre qui, i bambini si cingono con corone di carta e girano per le vie del paese con grosse stelle, anch’ esse di carta. Dicono che i corpi di questi Magi siano sepolti nel duomo di Colonia. Bah!
Il vangelo di Matteo indica i tre non come re ma come “saggi” – cioè maghi, astrologi - giunti dall’Oriente. Due sono di pelle chiara, il terzo scura. Rappresentano l’omaggio delle tre parti del mondo conosciuto ai loro tempi: Europa, Asia e Africa. Successivamente viene aggiunto un ulteriore significato: il mondo pagano (i magi), non ancora convertito, rende omaggio a Cristo, re della salvezza spirituale. Poi è stato dato un terzo significato: essi rappresentano le tre età dell’uomo. Gaspare, europeo, è la vecchiaia; Melchiorre, asiatico, è la maturità; Baldassarre, africano, la giovinezza.
L’europeo Gasparre dona l’ incenso. E’ l’ odore della santità. Anticamente veniva utilizzato per i defunti e per il culto imperiale. Il suo fumo che si eleva verso il cielo è stato considerato simbolo della preghiera che s’innalza verso l'alto. In Israele era riservato esclusivamente a Dio, come segno di adorazione e di riconciliazione con Lui. L’asiatico Melchiorre dona oro, simbolo della luce celeste e delle perfezione. In quanto materiale luminoso e non soggetto all’ossidazione, è presente in tutte le culture del mondo perché rinvia all’idea della regalità. L’africano Baldassarre dona la mirra, resina di gomma profumata usata per fare profumi, incenso, medicine ed unguenti. Il Cristianesimo gli attribuisce il significato di profezia della morte di Cristo perché la mirra veniva usata per imbalsamare i cadaveri. Personalmente credo credo che la mirra possa essere identificata con la sofferenza della solitudine dell’uomo contemporaneo.
Una leggenda poi dice che i re Magi, in cammino verso Betlemme, incontrarono la Befana e la invitarono ad unirsi a loro. Lei rispose di dover prima finire di pulire casa con la sua nuova scopa e che dopo li avrebbe raggiunti. Si fece buio e lei non riusci a trovare la strada per unirsi ai tre. Da allora vaga per le vie del cielo a cavallo della sua scopa alla ricerca della grotta. Il suo nome, “Befana”, è una corruzione linguistica di “Epifania”. Comunque sia, essa “tutte le feste porta via”, come dicevano i nostri contadini. E chiude le feste lasciando un buon ricordo di sé nei bambini. Essi infatti appendono la calza alla finestra o ai piedi del letto o accanto al presepe di famiglia affinché lei le riempia di dolci e regali. Quest’ usanza si è affermata nell’Ottocento. Prima, nel XVI secolo, succedeva soltanto in Germania dove i bambini mettevano la calza fuori la finestra sicuri che san Nicola l’avrebbe piena durante la notte. I bambini inglesi l’appendevano invece accanto al camino. Quando l’uso si diffuse ovunque, in Inghilterra e nei paesi del Commonwealt britannico, la calza è stata sostituita dalla federa di cuscino. Per praticità o per ingordigia?
(IV continua)

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