
In silenzio, la sera del venerdì avanti Natale prendi nove bacche di agrifoglio, in silenzio, legale con nove nodi nel fazzoletto a tre angoli, in silenzio, mettile sotto il cuscino e addormentati: durante la notte sognerai il ragazzo che ti sposerà. Si credeva così nel mondo contadino quando si parlava dell’agrifoglio. Lo si crede ancora nei paesi nordici. Nei secoli gli si attribuivano poteri terapeutici: un suo infuso serviva a guarire dall’asma, dagli incubi, dalla tosse e dalla gotta. Gli si attribuivano anche qualità soprannaturali. Vuoi proteggerti dal demonio? Leghi un quadrifoglio al tuo letto. Vuoi evitare malocchio e fulmini? Tieni in casa alcune bacche rosse. Ieri ci credevano i Romani e i Celti. Oggi ci credono ancora in Luisiana (USA).
La Chiesa fece fatica ad accettare questa pianta e le altre sempreverdi ritenendole troppo “profane”. Papa Gregorio I le “battezzò”, cioè le ammise all’addobbo natalizio delle chiese. Si era nel VI secolo. E inoltre disse ai cristiani, i quali ci credettero per tutto il Medioevo, che le bacche rosse dell’agrifoglio erano il simbolo delle gocce del sangue di Cristo e i suoi aculei quello della corona di spine.
Non fu però la prima pianta ad ornare gli altari natalizi. Tale onore toccò all’alloro - antico simbolo di gloria – adottato come allegoria della vittoria di Cristo sul peccato. Seguì il rosmarino. Una delle leggende raccontava che, in forma di cespuglio, stava all’ingresso della grotta, a Betlemme. Su esso Maria appese ad asciugare le fasce del Bambinello e da allora il suo profumo divenne molto intenso. Si diffuse anche l’uso di far entrare in chiesa i chierichetti con in mano un cestello pieno di mele infilzate da un rametto di rosmarino: le prime per ricordare la caduta dell’uomo, il secondo la sua redenzione.
Fu poi la volta del vischio ad essere ammesso nelle chiese. Vi entrò soltanto nel Seicento però. La causa di questo tardivo accoglimento stava nel fatto che non soltanto i Celti ma anche i cristiani (questi di nascosto però) usavano la pianta per i riti magici legati alla fertilità. Da secoli infatti le coppie di sposi si baciavano sotto i suoi rami per invocare un bambino. I preti dicevano, invece, che la richiesta andava fatta a Dio e non ad un albero! Poi, nel Seicento, lo accolsero perché esso era, fin dall’antichità, anche simbolo di pace. Le coppie degli innamorati continuarono però a baciarsi sotto il vischio. Lo facevano soltanto quelle di bassa estrazione sociale. Nell’Ottocento divenne di moda anche tra i nobili che però ne modificarono il simbolo: ora significava soltanto desiderio sessuale
Da questa data si diffuse l’uso di appendere il vischio in casa e sulla porta di casa. Su essa cominciò ad appendersi, in alternativa, una ghirlanda di agrifoglio intrecciato con altri sempreverdi per ricordare la vita eterna. Quest’ uso è però piuttosto recente. Nacque in USA nei primi decenni del Novecento, in Europa nella seconda metà. Si pensa che derivi dall’abitudine di avere sulla porta o accanto ad essa le corone funebri.
Sconfinando un poco nell’immaginario, la Notte di Natale, terminata la cena e raccolti intorno al focolare, un tempo si raccontava delle api che, svolazzando sulla grotta, mormorarono parole dolcissime che soltanto i puri di cuore potettero udire. Si raccontava agli occhi spalancati dei bambini che il pettirosso era un uccello come tutti gli altri, però nella grotta di Betlemme si mise a sbattere le ali per tenere vivo il fuoco necessario a riscaldare il Bambino. Il fuoco rosso gli bruciacchiò il petto e il suo colore gli rimase a ricordare quella sua generosità. Si raccontava del gatto entrato per ultimo nella grotta perché si era rifiutato di unirsi agli altri animali. Fece le fusa al Bambino, Maria lo prese in braccio e gli promise il destino di vivere sempre accanto al focolare senza essere mai servo dell’uomo. Si raccontava del cane che col suo abbaiare aveva svegliato i pastori e le pecore spingendoli poi verso la grotta. Giuseppe allora gli disse che sarebbe stato eternamente fedele all’uomo. Soltanto l’asinello non parlo mai. Eppure era lui il più importante animale della scena! Aveva portato sul dorso Maria incinta da Gerusalemme a Betlemme. E’ nel Vangelo. Era stato il primo ad inginocchiarsi davanti al Bambino. E’ nella leggenda. In

Nel teatro medievale si metteva in scena il dialogo degli animali nella Notte di Natale. Il Gallo col suo chicchirichì: “Chri-stus-natus-est (Cristo è nato). La Mucca, muggendo chiedeva: “Ubi? (Dove). La pecora, belando rispondeva: “Be-the-lem”. E l’asino, ragliando: “Eamus!” (Andiamo).
La renna entrò in scena nel 1821. Apparve in un libro per bambini dove le illustrazioni mostravano Santa Clauss su una slitta trainata da due renne. Dopo qualche decennio le renne divennero otto e a ciascuna vene dato un nome. Ma già siamo nell’immaginario laico!
(IV continua)
Nessun commento:
Posta un commento