domenica 20 dicembre 2009

IL PRESEPE e L'ALBERO: UNA STORIA

Una volta l’anno torna sempre questo giorno. Molti lo amano con gioia: sono i bambini. Altri lo amano perché sanno amare anche senza essere amati: sono i cuori semplici. Altri ancora dal cuore simile a foglia rimasta verde fino a novembre fanno finta di amarlo: sono quelli in cui ogni amore è stato bruciato. Ci sono quegli altri non amati più da nessuno: sono quelli che, in solitudine, lo vivono con dentro la tristezza di un ulivo tagliato. Amato o non amato, viene sempre questo giorno che chiamiamo Natale.
A mezzanotte si andrà a messa. Nel mondo cristiano succede dal 450, quando papa Leone I Magno allestì nella basilica di Santa Maria Maggiore un primo presepe a forma di altare e alle 24 celebrò la messa “In Nativitate Domini”. Ad essa dovevano seguirne altre due. San Tommaso, nel 1250, diede un significato teologico a tali messe: quella di mezzanotte era per la venuta del Verbo. La seconda, da celebrare all’alba, per la nascita di Gesù-uomo. La terza, nella mattinata, per la rinascita dei cuori dei fedeli. In Basilicata fino agli anni Cinquanta molte contadine se le ascoltavano tutte e tre.
In chiesa si ammira il Presepe. Si crede che sia un’invenzione di san Francesco del 1223. Egli ha compiuto invece due operazioni : lo ha reso popolare e ha enfatizzato l’aspetto umano della Natività. La prima idea di presepe era venuta a quel Leone I di cui sopra. L’iniziativa ebbe fortuna non tanto nelle chiese e nelle famiglie bensì nel teatro medievale, che concepì numerose sacre rappresentazioni ricche di personaggi presi in paese. Presepi “viventi”, dunque, su testi evangelici. Esso entra nella case, ma dei nobili, a partire della seconda metà del Seicento. Re Carlo IV di Napoli ne allestisce uno di 1200 pezzi, bellissimo e ancora visitabile. Nel Settecento comincia ad entrare anche nelle famiglie della borghesia. Soltanto nel 1967 arriva alla Casa Bianca ed è allestito con statuine napoletane.
Due delle figure centrali sono il bue e l’asinello. Papa Leone identifica nel primo gli Ebrei, nel secondo i Cristiani. Francesco modifica il significato e così il bue diventa simbolo della servitù paziente e della forza pacifica, l’asino la quintessenza dell’umiltà e della mitezza.
Al presepe venne contrapposto l’albero di Natale. Successe agli inizi del Cinquecento per iniziativa di Lutero. Egli ritiene il presepe espressione di “idolatria”. Per sostituirlo con l’albero, si rifà ad un episodio avvenuto nel 720. Il missionario san Bonifacio, nel convertire i tedeschi, abbatté l’albero di Thor ed indicò un giovane pino come nuovo simbolo al quale guardare anche d’inverno, essendo sempre verde. Thor, figlio di Odino, era il dio del tuono ed era permanentemente in lotta contro il male. Lutero con la sua scelta riconferma il significato cristiano fondato da Bonifacio: il pino è il simbolo di Cristo che vince il male, sempre, come sempre è il verde dell’albero.
I cattolici non accettarono tale versione e per loro l’albero di Natale rinviava all’albero del Giardino dell’Eden, rappresentato fin dal Medioevo nel popolare “Dramma del Paradiso”. E mentre in Lettonia dal 1441 si prese l’abitudine di portarlo in processione per poi bruciarlo sulla piazza, in quanto veniva caricato di tutto il male della comunità, gli abitanti di un sobborgo di Londra furono i primi ad “erigerlo nel mezzo del lastricato [della piazza], fissato al suolo, pieno zeppo di agrifoglio e di edera, per il divertimento della gente di Natale”. Avveniva ciò nel 1534, l’anno dopo la rottura di Enrico VIII con la Chiesa di Roma. Tuttavia la diffusione nelle case inglesi avvenne soltanto un secolo successivo, e per iniziativa reale gli alberi natalizi furono caricati di giocattoli per i bambini poveri. Nel 1740 coloni moravi lo portarono in USA e posero sotto l’albero i Re Magi con doni per i bambini di famiglia.
Un altro simbolo molto popolare, soprattutto presso i contadini d’Europa, è il ceppo natalizio. In passato era un segno per ricordare il sole in fuga durante l’inverno. Un primo documento in tal senso viene dal sud-Germania (1184) e parla dell’accensione del ceppo e della recita delle preghiere per invocare il sole. Successivamente gli si attribuiscono poteri miracolosi. L’uso si diffuse subito nel paesi del nord Europa e nei Balcani.. Attraversò l’Atlantico sul finire del Seicento, assieme ai coloni inglesi, e divenne “presenza fondamentale” in USA e Canadà.
In Basilicata si usò a lungo e con un significato particolare. Il giovane contadino metteva un ceppo adornato di nastri sul davanzale della casa della ragazza per chiederla in sposa. Se i genitori di lei lo portavano in casa, la richiesta era accolta. Quel ceppo poi veniva bruciato nella nuova casa degli sposi il giorno del Natale successivo purché la sposa fosse già incinta. Rituale e significato molto belli! Nessuno poi si preoccupava se ella partoriva la notte della Vigilia perché allora suo figlio avrebbe avuto il potere di vedere gli spiriti e di parlare con loro. E questo era un privilegio concesso da Gesù Bambino!
(III continua)

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