Abbiamo bisogno di qualcosa che vada oltre il finito. Qualcosa non creato da Dio ma organizzato e gestito soltanto da noi. Ed ecco il simbolo. Ombra dei nostri desideri. Riflesso delle nostre speranze. Immagine dei nostri bisogni. Realtà remota, vicina alla realtà. Il simbolo è la bellezza della nostra mente, sempre tesa ad afferrare l’inafferrabile.

Sappiamo che esistono, ma, spesso, non sappiamo perché. E’ il caso dei molti simboli che caratte- rizzano il Natale. Ne sono tanti. Alcuni sono legati a realtà locali, altri sono di natura universale. Insieme si congiungono nella nostra coscienza, pronti a riemergere di volta in volta per farci capire meglio “la” vita e per meglio farci capire “dalla” vita.
Per quelli che si riferiscono al Natale, essi stanno dentro di noi nei significati loro attribuiti dai monaci e dai preti, dagli ingannatori e dai cantastorie, dai pittori e dai poeti, dai musicisti. Da tutto questo insieme di persone, dunque, le quali sono state generose nel costruire simboli particolari affinché il Natale non fosse solo un giorno, ma diventasse una struttura mentale.
Iniziamo dalla data allora. Non esiste un registro in cui è segnato l’anno preciso in cui Lui è nato. E Dio sa quante discussioni si sono avute prima che si arrivasse ad un accordo sul giorno della Natività: 25 dicembre. Data valida per la Chiesa cattolica e i protestati. Per l’ortodossa essa è fissata, per calcoli complicati, al 6 gennaio. Si decise il 25 per tre motivi. Il primo: per sostituire le celebrazioni pagane del “Sol invictus” che si tenevano a Roma a conclusione della festa dei Saturnali (17-24 dicembre). Il secondo: per il suggerimento proveniente dalla festa del sole stabilita dall’imperatore Aureliano nel 273. Il terzo motivo è il risultato di un ragionamento dei teologi: poiché la terra era stata creata il 25 marzo (inizio della primavera), era giusto, di conseguenza, far coincidere tale data con il giorno dell’ Annunciazione (giorno di primavera dell’umanità). Quindi il giorno della nascita di Gesù non poteva che essere il 25 dicembre!

Nell’Impero Austroungarico i bambini lasciavano sul tavolo della cucina una letterina indirizzata a Niklaus: la mattina dopo trovavano doni, dolci e frutta. Questa tradizione continua ancora oggi nell’Alto Adige e a Trieste. In alcuni paesi dell'Europa orientale si vuole che egli porti una verga ai bambini non meritevoli, con cui i genitori possono poi punirli.
Sul finire dell’Ottocento i newyorchesi, in odore di laicità, diedero un nuovo look al portatore di doni. Lo vestirono di un abito rosso con bordi di pelliccia bianca, stivali e cintura neri, barba bianca: e fu Santa Claus! Crearono anche un apposito organismo postale per ricevere le richieste spedite dai bambini al nuovo santo-laico. Dal 1931 al 1964 la Coca Cola utilizzò il simbolo per le sue campagne pubblicitarie. E grazie ad essa, Santa Claus sbarcò in Europa dove divenne Babbo Natale, Père Noèl (in Francia), Weihnachtsmann (in Germania), Father Christmas (in Gran Bretagna), Joulupukki e Julemand nei paesi scandinavi. Nonno Gelo (in Unione Sovietica). Anche qui il regime allestì appositi sportelli postali per le lettere dei bambini. In Germania ancora esiste l’”Ufficio postale celeste” ed è ad Augusta. Le poste austriache ogni anno stampano 70milioni di francobolli, annullati con un timbro speciale del presepe. Migliaia di lettere vengono ancora indirizzate al “Bambin Gesù – Polo Nord, cap HOH OHO - CANADA.
Portatore di doni nei paesi dell’America Latina è rimasto invece Gesù Bambino (El Nino), così pure nelle campagne di Francia (Le Petit Noel) e di Germania (Christkind). Ma né a san Nicola, né al Bambino era da promettere di essere buoni e quindi da chiedere i regali. Ora la letterina andava scritta a mamma e papà mettendola sotto il loro piatto il giorno di Natale. Così decise la mentalità borghese sul finire dell’Ottocento. A loro il bambino doveva recitare la poesia con cui invocare da quell’altro Bambino, ormai solo nella sua culla, la buona salute e la prosperità economica di tutta la famiglia. Da allora divenne comune la domanda: che cos’è il Natale senza regali?
(I continua)
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