lunedì 12 ottobre 2009

LA PILLOLA KILLER


Quando ci chiedono la carta identità, la diamo senza problemi: sappiamo bene che avranno la conferma di ciò che appariamo nella statura, nei capelli, nel colore degli occhi, nei lineamenti del viso. Sono tutti connotati fisici. Per questo essa dovrebbe chiamarsi “carta d’identificazione”. L’identità è un’altra cosa. La carta non rivela quel modo di essere nella nostra dimensione più intima non soggetta a variazioni fisiche. Questa dimensione appartiene al nostro mondo psichico, spirituale e intellettuale in quanto “persone umane”. Essa fa parte anche delle nostre scelte di natura affettiva, culturale, politica, religiosa. L’insieme delle varie sfaccettature di tale dimensione forma la personale “identità” morale, spirituale, intellettuale, ecc. di ciascuno di noi.
E il problema dell’identità della persona è stato uno di quelli che ha tenuto molto occupato gli uomini d’Occidente da quando su una parete del tempio di Apollo a Delfi fu scolpito il motto “conosci te stesso”. Su tale motto la cultura greca elaborò un sistema filosofico che rimandò sempre alle capacità esclusive della mente umana. La mente! Gli antropologi l’ hanno studiato a lungo perché lunga e complessa è la sua storia. Milioni di anni! Una volta raggiunta la sua capacità di elaborare simboli è diventata anche inquieta. Subito allora le religioni, con l’intento non dichiarato di controllarla, l’ hanno nobilitata come centro di pensieri eccelsi. O mortificata perché motore di perdizione. La filosofia si è data un gran da fare per renderla libera.
Questa nostra mente, forse la cosa più meravigliosa dell’universo, crea l’arte e la bruttezza. Vive momenti di mistica e concepisce atti di crudeltà. Si compiace di atteggiamenti ipocriti verso se stessa e verso gli altri ma è capace di generosità inaspettate. Al di là di tutto questo. Al di là degli spettacoli grandiosi di cui è capace l’universo, la nostra mente, la nostra cara mente umana rimane unica. Perché essa è un mondo di visioni non vedute e di silenzi uditi. Luogo infinito di delusioni e di scoperte. Isola delle nostre riflessioni e dei nostri sogni. Casa dei personali misteri. Teatro segreto fatto di pensieri che sono monologhi senza parole. Dimora invisibile di tutti gli umori. Scrigno di fantasticherie conservate o spesso vanitosamente esibite. Custode delle ineffabili essenze dei ricordi impalpabili. Elaboratore di rappacificanti meditazioni. Un regno in cui ciascuno di noi signoreggia solitario e recluso. Contestando ciò che vuole. Comandando ciò che può. E’ essa eremo occulto dove possiamo studiare fino in fondo il libro tormentato che abbiamo scritto e ancora possiamo scrivere. Questa mente dell’uomo è il “suo se stesso”. È ogni cosa. Oppure non è nulla. E’ essa a renderlo sempre e comunque un individuo.
E il latino “individuus” non vuol dire forse “indivisibile”? Questa riflessione nasce dalla lettura di un articolo apparso alcuni giorni fa sul Corriere della sera. La notizia è inquietante: sta per essere pubblicizzata anche in Italia una pillola capace di cancellare la memoria dei traumi subiti (sedativo memoriale) e di azzerare la funzione di questi eventi psichici. Orrore!
Già i nazisti si accanirono ad infliggere alla mente delle loro vittime sofferenze inaudite per distruggere in essa il sentimento di dignità personale e di appartenenza all’umanità. Orrore! Già i gulag sovietici giocarono tragicamente con il fuoco devastatore della spersonalizzazione degli internati. Orrore! Ancora oggi a Guantanamo succede sia una cosa che l’altra. Orrore! Adesso, qui, nella farmacia sotto casa avremo la pillola per togliere a noi stessi la capacità di saper vedere costantemente nella profondità del proprio essere “chi siamo realmente”. E nessuno griderà all’orrore! Nessuno. Le multinazionali farmaceutiche sono più potenti di Hitle, Stalin, Bush.
La coscienza di sé si ha quando la mente conserva tutte le sue prerogative di pensiero. La pillola rende l’individuo sub-umano. Non più originale nella sua capacità di pensare, di soffrire, di gioire. Con la pillola egli “sceglie”, o viene convinto a scegliere, di non essere più un individuo col privilegio del ricordo di sofferenze passate, spesso salutari, spesso utili per costruire il personale futuro. Senza più alcuna traccia di traumi subiti, sempre ingiusti ma pur sempre appartenenti alla vita, di per se gioiosa e dolorosa insieme. In compenso sarà un felice clown di se stesso.
Un individuo che assumerà questa pillola per “liberarsi” da una parte del proprio passato se pur negativo, potrà sentirsi ancora responsabile di se stesso e di fronte alla specie umana? A questa domanda non retorica è connessa una considerazione importante: nel grado di coscienza e di responsabilità di un individuo la specie umana fa sempre una bella o una brutta figura.
Non del tutto consolante, ma in certo qual modo positiva è un’affermazione di Chateaubriand: “Annullare l’individuo, non dargli la posizione di un numero in una serie di numeri, significa negargli il valore assoluto che egli possiede, indipendentemente dal suo valore relativo”.

Nessun commento: