VISITARE la Basilicata! Si fa un gran parlare (e sparlare) per portare i turisti nella regione. Per farlo si vuole suggerire loro di percorrere l’itinerario delle Quattro M (Melfi, Metaponto, Matera, Maratea). Altri affermano che sarebbe meglio privilegiare gli Itinerari Religiosi e dell’interno della regione. Ne parlano. Chissà per quanto tempo ancora. E intanto non si riesce a sapere i “veri” dati sui turisti in entrata. Basilicata “incognita” alla chiarezza! Forse anche in questo risiede il suo fascino. E’ un costume locale d’antica abitudine. Tanto antico che già i viaggiatori stranieri del Sette-Ottocento ne parlavano. Essi, venendo qui, dicevano infatti sempre bene dei monumenti. Meno bene dei suoi abitanti. Sono questi che creano però il fascino oscuro proprio di questa terra. Esaltato da Carlo Levi, anche per personali esigenze letterarie. Deformato da De Martino, anche per personali esigenze di quadratura del cerchio antropologico.
“Terra incognita” dunque, come scrive un viaggiatore tedesco del 1847. Sconosciuta è anche al francese Creuzé de Lesser, che nel 1809 afferma: “L’Europa finisce a Napoli, tutto il resto è Africa”. Era l’opinione corrente fra i viaggiatori dell’epoca. Facevano un’eccezione per la Sicilia, raggiungibile via mare da Napoli per mancanza di strade idonee.
La Basilicata era sconosciuta al cartografo Frans Hogenberg che però disegnando il suo “Teatro delle cose importanti del mondo” nel 1618, stranamente illustrò la regione indicando una sola città: “non si è riusciti fino ad oggi a spiegare il motivo per cui fra le 574 incisioni prodotte, solo Tricarico venga raffigurata fra le località a sud di Napoli e prima dello stretto di Messina; chi l’abbia commissionata e per quali motivi. Certo che quest’immagine ebbe subito un successo travolgente, venne riprodotta in numerosi altri atlanti” (Principe). I quali confermarono all’opinione europea l’esistenza di una regione povera di paesi, di fiumi, strade ecc..
Uno dei primi viaggiatori a sud di Napoli, l’inglese Henry Swinburg, nel suo libro “Viaggio in Calabria” per la prima volta parla di un paese lucano. Siamo nel 1778 e narra della dabbenaggine degli abitanti di Marsiconuovo. E’ un episodio alla Boccaccio: alcuni zingari calabresi decisero di andare in questo paese “nell’intento di saccheggiare botteghe e magazzini”. Aspettarono il giorno della fiera annuale. Andarono e si confusero tra la folla. “Ma bisognava che i mercanti fossero attirati da alcunché di straordinario, che eccitasse la loro curiosità. E fu così che essi ricorsero ad un espediente che avrebbe ripugnato anche al più scostumato degli uomini. Alcune loro femmine, seguite da egual numero di maschi, si avanzarono nei campi circostanti, e ivi si diedero a così grandi indecenze, che tutta la gente accorse da quella parte, e anche i mercanti abbandonarono le loro botteghe, lasciando i loro effetti in balia di quella congrega di ladri.”
Questo occuparsi degli abitanti dei paesi rientrava nelle regole stabilite dal “Grand Tour”, espressione dell’unione delle tradizioni cavalleresca e accademica, nata nella seconda metà del Settecento e vissuta da molti rampolli della nobiltà europea. Il suo scopo era di far “osservare” (=descrivere e classificare) con metodo le cose che si intendeva conoscere, cominciando dalle popolazioni di un territorio, quindi, i paesi, le città e la natura incontrati. L’idea che il viaggio dovesse essere un’educazione ed insieme un processo di incivilimento comportava diversi doveri, tra cui quello di registrare in un diario le osservazioni compiute. Noi leggiamo quelle sulla Basilicata. La quale non è mai citata in nessuna delle “guide” appositamente scritte per i rampolli- viaggiatori dai “maestri viaggianti” (a tavolino), mestiere questo nato col tour. A scriverle sono abati-istitutori e compilano soltanto guide di Francia e d’Italia, patrie delle arti e delle maniere raffinate. Tutte si fermano però a Napoli. Qualche volta citano le città siciliane.
Nel 1818, risalendo dalla Sicilia, il barone tedesco Richard Keppel Crafen passa per Lauria e annota: “Stranamente posta sul versante di un’alta montagna e sembra aver sofferto per le devastazioni della guerra”. Brutta impressione di degrado, dunque. Non esaltante è anche la nota su un paese del Vulture: “Barile è un borgo desolato, abitato da una popolazione di circa tremila anime, che da diversi anni diminuisce continuamente. Ciò va attribuito al carattere inerte degli abitanti, che sembrano averlo ereditato dai loro antenati albanesi, insieme con qualche tratto della loro ferocia…Gli abitanti sono principalmente occupati a coltivare, per la verità assai inettamente, un territorio che di anno in anno diminuisce di estensione e di valore, giacché gli abitanti della vicina Rionero, le cui attitudini operose contrastano singolarmente col carattere indolente di questa gente, sono tanti aumentati di numero che spesso sono in grado di comperare i terreni dei loro vicini più pigri e imprevidenti, la cui sussistenza finirà col dipendere completamente da loro. I rioneresi sono abbastanza intelligenti da prevedere tale fine dei loro vicini, per i quali sembrano nutrire un sovrano disprezzo”. Il viaggio prosegue… (1 continua).
domenica 2 agosto 2009
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