E’ ovvio, vediamo bene che le cose cambiano: intorno a noi ma anche dentro di noi. Intorno a noi: la Basilicata, con le sue montagne, i fiumiciattoli, le strade disastrate, i paesi solitari è pur sempre la stessa. E la sua gente è cambiata? Certo. Ha seguito il flusso evolutivo della società. Ha recepito le sollecitazioni per il mutamento di costume. Ed è palpabile: divorzio (non è tra gli ultimi posti). Aborto (idem). Evasione fiscale (primo posto).Telefonini (secondo posto, dopo Milano). Alcolismo giovanile (terzo posto). Suicidi degli ultrasessatenni (terzo posto). Autovetture (quarto posto). Non lettura di libri e giornali (penultimo posto). Nuove occasioni di lavoro nell’ultimo biennio: zero. Posti di lavoro persi: tantissimi. Regione tra le più povere d’Italia: verissimo.
Si potrebbe continuare. Aggiungiamo che anche qui c’è stata la perdita di senso del ruolo dei genitori. Sono diventati sindacalisti dei figli, da difendere anche se non studiano. Anche se si ubriacano. Anche se imbrattano i muri èubblici. Eh! I figli so’ figli! Perciò vanno viziati, coccolati, deresponsabilizzati. Qualcuno può osservare che, tirati su così, domani i ragazzi saranno insicuri. Queste sono chiacchiere da psicologi!
Aggiungiamo che anche qui l’idea d’istruzione è stata sovvertita: la neutralità del sistema educativo in cui operano gli insegnanti non crea loro problemi. Perché bocciare i ragazzi distratti, svogliati e spesso incapaci di studiare? Tutti hanno diritto allo studio! E d'altronde è importante far apparire la scuola come una fucina di voti alti, creando nei ragazzi l’illusione di sapere e il diritto
di accedere a livelli superiori d’istruzione. E’ chiaro che questo discorso non riguarda tutti gli insegnanti.
Molti di questi giovani arrivano all’Università. La laurea breve (triennale) non rappresenta la pur minima garanzia di un impiego. Dà però loro l’orgoglio (e la prosopopea) di avere una laurea. Il giovane cosciente si rende conto che la formazione ricevuta è carente e allora consegue la laurea magistrale (biennio). Non basta. Il giovane capisce che quel che ha in testa è preparazione teorica. Occorre una qualificazione pratica. Frequenta allora un qualche master, scelto nel folto bosco delle offerte sparse per la penisola. E intanto ha toccato i trenta, di anni, e placidamente continua a succhiare dalle mammelle della famiglia.
Dunque, prima conclusione, perfino lapalissiana: anche la società lucana ha subito il cambiamento sopra accennato e, quindi, pure qui le due agenzie principali di educazione e formazione di un giovane sono in stato di profondo cambiamento. Ne consegue che è mutato anche il profilo del giovane lucano. A disegnarlo sono state le due agenzie ora dette. Alle quali si sono aggiunti altri fattori. Vediamone qualcuno.
Se egli svolge un mestiere, è abbastanza sottopagato. Sindacato e Ispettorato del lavoro hanno la testa girata altrove. Se egli ha un diploma, contatta il politicone - per relativa importanza - o il politicchio – con capacità di maneggione - perché gli faccia ottenere un qualche contratto di lavoro, almeno precario. Il giovane potrà averlo, ma a basso costo e ricattabile con lo spettro del licenziamento. Tale spettro non c’è quando egli ha la somma, ma somma fortuna di diventare portaborsa di qualcuno. In questo caso, egli già sa che prima o dopo un finto concorso lo farà ‘scivolare’ in un ente pubblico regionale. Se altri hanno un padre che per censo o per prestigio può sistemarli, il problema non si pone. Diversamente…Eh! si finisce nel variopinto ventaglio del precariato. Però, però: quanti sono i giovani che rischiano di aprire un’attività lavorativa? Rischiare è un verbo sconosciuto da queste parti. Perché conoscerlo visto che una qualsiasi attività va avviata soltanto se c’è danaro pubblico?
Quanti si impegnano duramente, o almeno seriamente, nel condurre un’attività lavorativa? Impegnare è un verbo faticoso. E’ più semplice iniziare con approssimazione, l’esperienza verrà col tempo. Ma anche qui, nulla si muove se non si ha un ombrello o almeno un ombrellino politico.
E questi maledetti ombrelli continuano imperterriti a produrre danni in termini di creatività, capacità imprenditoriale, coraggio, passione, sviluppo del talento (quando c’è).
In tale contesto, i giovani lucani potranno mai cambiare dentro? Può succedere. Magari quando vanno fuori. Se vanno per studiare, lo fanno, di solito, per prendersi una laurea che la nostra Università non ha nel suo Statuto. Il 70% di essi non torna. Per forza. A che prò? Forse con la speranza di trovare qui un lavoro dignitoso rispondente alla professionalità acquisita? Non più. Loro resteranno fuori e cambieranno dentro.
Se vanno via perché qui non hanno trovato che fare o l’ombrellino adatto.., non tornano perché già fanno un lavoro che da loro dignità. Loro resteranno fuori e cambieranno dentro.
Tutto ciò non è un’alchemica combinazione del destino. No: da un lato è faustiana incapacità dei politici, dall’altro è comoda acquiescenza dei giovani. Solo che il mondo va avanti se si ha la capacità di cambiare dentro di noi!
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domenica 19 luglio 2009
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