
Da qualche mese c’è a Roma la Mostra sul Futurismo, la prima avanguardia storica del Novecento. Vi sono opere di Tommaso Martinetti e di quanti aderirono al suo movimento. E’ molto bella da vedere. Nei sotterranei del Palazzo delle Esposizioni c’è una grande libreria in cui si trovano le opere scritte da italiani, francesi e russi, protagonisti del movimento. Ho acquistato un romanzo di Marinetti, del 1931 e col titolo “Il club dei simpatici”. Nella premessa egli dichiara di averlo scritto per compiere “un’anatomia della morale con accurato sezionamento degli orli vivi ed elastici del male”.
La campagna elettorale ci ha fatto vedere molti candidati “vestire un panno di spessa bontà color indulgenza plenaria”. Conosciamo quasi per intero gli esiti dell’elezioni e allora di quel libro mi è venuto in mente il capitolo “Il banchetto istituzionale” in cui si parla, con metafora feroce, degli amministratori locali. Siamo nel 1931!
Ne riporto alcuni stralci. “La mensa è formata di una serie di pietroni cubici. I cannibali Tucrù (politici) entrano facendo anguillare i loro corpi magri e sbilenchi fra un traballamento di enormi ventri provvisori, un cozzare di teste spropositate e un ticchiettio di dentiere smascellate.”
Uno dei protagonisti, Tokko-matok, capo della tribù, invita il Presidente Paranza a sedere sul cubo più alto: “A voi la presidenza del nostro banchetto che è anche il nostro Tribunale. Mangiando amministriamo la giustizia….Procediamo con ordine: innanzitutto cerchiamo la saggezza nei cibi ben preparati. Guardate lassù. Sono cosciotti di imprenditori ben affumicati e salati. Ora sono troppo duri: fra tre notti umide li assaporeremo frolli. A destra due natichette di girls, maturate nell’olio di orchidee. Sono state offerte ieri sera a tre miei diletti colleghi e dalle mascelle di coccodrillo. Ebbene, questi tre nuovi arrivati, stranamente degenerati, le hanno rifiutate. dichiarando che non mangeranno più carne umana. Scandalo e maledizione!…”
Egli allora fa chiamare i tre di cui sopra accogliendoli cordialmente: “Lunga fame a voi, miei diletti!…Calmate le vostre mascelle inquiete e le vostre lingue giustiziere! Ho imparato a memoria una parte del codice... Potete affermare in vostra difesa che l’uso alimentare della carne umana era una volta una nobiltà, una eleganza aristocratica, mentre oggi si è diffuso per il mondo degenerando in litigi locali e in rivoluzioni micidiali con relativo sciupio di carni.” Quindi Tokka-matok condanna chi non mangia, qualificandoli “nemici del popolo”.
Poi passa a parlare della Burocrazia: “ Siamo inoltre danneggiati dalla concorrenza di tante piante plagiarie. Alludo alle Orchidee che mangiano sguaiatamente carne umana. A torto i cannibali (= politici) appena giunti in quest’ isola (amministrativa) si appoggiano sui letti di orchidee. Queste succhiano così il loro istinto carnivoro! Noi ne decapitiamo parecchie. Ma rinascono con nuove tasche voraci. Capirete, cari ospiti, data questa sleale concorrenza, i meno intelligenti dei miei colleghi perdono a poco a poco le sane tradizioni mascellari della Tribù. Chi non conosce dunque le sane tradizioni mascellari della Tribù non ha diritto di invocare la solidarietà umana.”
A questo punto il protagonista torna a ricordare il pasto immediatamente disponibile: “Le girls che hanno fornito queste natichette avevano da tempo abbandonato il teatro per la vita monacale e ardevano, capite, di sacrificarsi al Dio! (=al duce) La più giovane delle due mi mormorò, nell’ agonia: ‘voglio darmi finalmente in pasto al Dio!’ . Signori, se le girls non vi piacciono, seguendo l’arrendevolezza del mio spirito, vi offro una mammella fresca di donna innamorata. Credo che sia marocchina d’origine siciliana.
Come vede, caro Presidente Paranza, noi soddisfiamo un profondo desiderio dell’umanità che vuole essere mangiata e spesso non trova denti!…”
E Ora, il Futuro? Il capitolo seguente ha, infatti, per titolo “Riforme culinarie”. Il Presidente Paranza con la sua cuoca Condirina perlustra il suntuoso viale carnivoro in cui intende collocare la nuova cucina affinché ogni pasto avvenga alla luce del sole e con lei discute di riforme culinarie urgenti. La cuoca, prima di lasciarlo per fare la spesa tra i costruttori (edili), gli porge una scodella. Il Presidente assaggia: “Saporito! E anche nutriente. Il suo sugo m’invade come una nuova forza allegra…Ho pensato, Condirina, che dalla nuova cucina deve uscire una calda profumata morale nuova, la quale allarghi benignamente il detto popolare: il fine giustifica i mezzi. Stabiliamo dunque il fine: “. Qui termina il capitolo. Proprio così, il capitolo finisce coi due punti, che indicano un finale aperto a tutte le considerazioni possibili. La mia: niente di nuovo sotto il sole!
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