
07.09.08
Scherza con i fanti e lascia stare i santi. Dice un vecchio proverbio. Ma voglio scherzare un con un fante anzi con un generale della forestale, oggi vicepresidente del Consiglio regionale della Basilicata. Egli ha parlato non di alberi ma del Santo protettore del suo paese affermando: “La devozione e la genuina religiosità popolare intorno alla figura di san Rocco ci sollecitano ad assumere iniziative per incentivare lo studio di tutti gli aspetti relativi alla figura e all’opera del Santo e a contribuire e sviluppare la ricerca storica sulla devozione.“ Bah! Forse gli è sfuggito che sono state scritte 61 tra agiografie e saggi; che esiste una foresta di articoli; che nei musei del mondo sono esposte 827 tele in cui il Santo la piaga della peste su una coscia; che migliaia di statue di vario tipo lo effigiano in ogni angolo del mondo; che dalla fine del Quattrocento sono state create in suo nome1857 Confraternite; che oggi vi sono anche le “Associazioni San Rocco”. L’ultima è del 2005, nata a Sarmato e pubblica la “Rivista Sancti Rochi” con pregevoli saggi. Infine – prendere nota – è il Santo che, a livello mondiale, ha il maggior numero di luoghi di culto dedicati.
Come può vedere anche un generale forestale, il “bosco rocchiano” è folto.di studi, frondoso di immagini, rigoglioso di devozioni! Allora il dato preoccupante dello scritto del vicepresidente sta nell’affermare che “il ruolo del Consiglio regionale potrebbe essere quello di coordinamento e di raccordo delle iniziative di studi per promuovere in Basilicata un evento per approfondire oltre agli aspetti di religiosità popolare quelli storici”.
Che cosa avrebbe detto il generale a me pincopallino se gli avessi manifestato il proposito di organizzare un convegno sulla potatura degli alberi? Lo immagino: “Faccia il pincopallino perché agli alberi ci penso io!” Ma da vicepresidente pensa allo stesso modo di tutti gli altri politici: essere invasivo, come la peste. La politica ora deve appropriarsi anche dei santi? La politica deve spiegarci anche come uno diventa santo? Perché non proporre una legge regionale per estendere anche ai santi i criteri dell’assistenzialismo? Per vizio inveterato, si vuole che anche loro, santi, vadano dai politici con la coppola in mano? Almeno in questo caso, è il contrario. E’ proprio il contrario! Il segno della peste lasciamolo sulla coscia di San Rocco, per favore. Qualora un politico credesse davvero, invochi il Santo affinché lo aiuti a diventare uomo di buona volontà per il bene di questa terra che vanta tanti tristi primati negativi. A meno che – e lo dico con malizia pensando all’appartenenza del vicepresidente – non voglia utilizzare san Rocco per rafforzare il consenso per le prossime elezioni provinciali. Ma in epoca mediatica non potrebbe essere più efficace fare una novena a San Silvio?
* * * * *
Lascia stare i santi! Certo, non si scherza con loro quando sono veri. Se suscitano qualche dubbio allora lo si può anche fare, con garbo. Intanto ho presente una frase dell’ enciclica “Fides et ratio” di Giovanni Paolo II: “La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità”.
Prendiamo il caso di santa Sinforosa, venerata a San Chirico Raparo. Celebrata la festa a luglio, quest’anno si è parlato anche di miracoli compiuti. Così almeno hanno riportato i giornali. Mi è sorto qualche dubbio. Ho così ripreso in mano i prestigiosi testi – quasi tutti con “imprimatur” ecclesiastico - sull’origine del culto dei santi e ho avuto la conferma di quanto già ricordavo. Le notizie su Sinforosa sono collegate alla vita di san Sebastiano, martire verso il 302-304 sotto Diocleziano. Mentre però di lui già parlano la “Depositio Martyrum” del 354 e gli “Atti”, impropriamente attributi a sant’Ambrogio, di lei si accenna soltanto nella “Passione di Sebastiano”, scritta nel V secolo.
E’ bene ricordare che una Passione è un vero e proprio romanzo che raccoglie “intorno alle avventure del protagonista numerosi episodi, alcuni dei quali mettono in scena martiri storici i cui nomi provengono dai martirologi, dai calendari e dalla toponomastica romana, mentre in altri troviamo dei personaggi sconosciuti fini a quel momento” [Brown].
Ora, nella prima parte di detta Passione si narra che Sebastiano, ufficiale apprezzato dall’ imperatore, riesce a convertire molti di coloro che lo circondano, tra cui “Claudio, archivista, Sinforosa sua moglie, Felice e Felicissimo [chiamato anche Sinforiano], loro figli”. I convertiti dall’ufficiale sono in tutto sessantotto e vengono battezzati dal prete Policarpo. Fin qui le notizie storiche certe. La “Legenda Aurea” , un bellissimo testo del Duecento, parla soltanto di un san Sinforiano (=Felicissimo), scultore che, per essersi rifiutato di scolpire un idolo per Diocleziano, viene chiuso in una cassa di piombo e gettato in mare (questo è uno degli espedienti narrativi adottati da un ’autore quando non conosce il luogo in cui è avvenuto il martirio; altre acque che accolgono i corpi martoriati sono per antonomasia quelle del Tevere, come si dice anche dei Sette Martiri Tiburtini dalla leggenda popolare ritenuti figli di Sinforosa.
Per quanto abbia cercato, non ho trovato la “Passio Sanctae Sympherosae” di cui parlano vari scritti popolari o documenti presuntivi. Veri sono, invece, i martirologi (=elenchi di martiri), a quel tempo posseduti da ogni chiesa. Ad un certo punto essi divennero così tanti che nel 1586 Papa Gregorio XIII li fece confluire in un’unica raccolta, detta Martirologio Romano, operando prima una scrematura di nomi. Esso è stato sottoposto a varie revisioni e snellimenti, l’ultima delle quali è recente. Il testo, curato dalla CEI, è stato promulgato nel 2001 da Papa Giovanni Paolo II. E santa Sinforosa?
Va detto che Passioni e leggende, assieme all’alto numero di reliquie, sono state elaborate come strumenti utili alla formazione del culto dei martiri, uomini che hanno conosciuto l’intimità di Dio. Ciò che è successo dopo ad opera degli ecclesiastici risponde a questa logica. Miracoli compresi. Cosicché per credere a tutto occorre un atto di fede. E sappiamo che la Chiesa ha fatto della Fede la piattaforma su cui poggiano la Speranza e la Carità.
I fedeli di San Chirico Raparo vanno a Sinforosa perché spinti anche dalla Speranza in quanto “molti punti della loro vita sono edificati sulla certezza della Speranza”, come dice san Paolo. Ma nei loro confronti perché non viene esercitata la Carità nel raccontare le cose come sono andate? Tanto non muterebbe la loro fede perché, per quanto ingenua la si voglia considerare, ciò che conta è che la fiducia nutrita verso Sinforosa “è più forte di qualsiasi evidenza”.
Dopo questa riflessione io, circonciso nel cuore, ripeto con Paolo “giustificato dalla fede, conservo la mia pace”.
Scherza con i fanti e lascia stare i santi. Dice un vecchio proverbio. Ma voglio scherzare un con un fante anzi con un generale della forestale, oggi vicepresidente del Consiglio regionale della Basilicata. Egli ha parlato non di alberi ma del Santo protettore del suo paese affermando: “La devozione e la genuina religiosità popolare intorno alla figura di san Rocco ci sollecitano ad assumere iniziative per incentivare lo studio di tutti gli aspetti relativi alla figura e all’opera del Santo e a contribuire e sviluppare la ricerca storica sulla devozione.“ Bah! Forse gli è sfuggito che sono state scritte 61 tra agiografie e saggi; che esiste una foresta di articoli; che nei musei del mondo sono esposte 827 tele in cui il Santo la piaga della peste su una coscia; che migliaia di statue di vario tipo lo effigiano in ogni angolo del mondo; che dalla fine del Quattrocento sono state create in suo nome1857 Confraternite; che oggi vi sono anche le “Associazioni San Rocco”. L’ultima è del 2005, nata a Sarmato e pubblica la “Rivista Sancti Rochi” con pregevoli saggi. Infine – prendere nota – è il Santo che, a livello mondiale, ha il maggior numero di luoghi di culto dedicati.
Come può vedere anche un generale forestale, il “bosco rocchiano” è folto.di studi, frondoso di immagini, rigoglioso di devozioni! Allora il dato preoccupante dello scritto del vicepresidente sta nell’affermare che “il ruolo del Consiglio regionale potrebbe essere quello di coordinamento e di raccordo delle iniziative di studi per promuovere in Basilicata un evento per approfondire oltre agli aspetti di religiosità popolare quelli storici”.
Che cosa avrebbe detto il generale a me pincopallino se gli avessi manifestato il proposito di organizzare un convegno sulla potatura degli alberi? Lo immagino: “Faccia il pincopallino perché agli alberi ci penso io!” Ma da vicepresidente pensa allo stesso modo di tutti gli altri politici: essere invasivo, come la peste. La politica ora deve appropriarsi anche dei santi? La politica deve spiegarci anche come uno diventa santo? Perché non proporre una legge regionale per estendere anche ai santi i criteri dell’assistenzialismo? Per vizio inveterato, si vuole che anche loro, santi, vadano dai politici con la coppola in mano? Almeno in questo caso, è il contrario. E’ proprio il contrario! Il segno della peste lasciamolo sulla coscia di San Rocco, per favore. Qualora un politico credesse davvero, invochi il Santo affinché lo aiuti a diventare uomo di buona volontà per il bene di questa terra che vanta tanti tristi primati negativi. A meno che – e lo dico con malizia pensando all’appartenenza del vicepresidente – non voglia utilizzare san Rocco per rafforzare il consenso per le prossime elezioni provinciali. Ma in epoca mediatica non potrebbe essere più efficace fare una novena a San Silvio?
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Lascia stare i santi! Certo, non si scherza con loro quando sono veri. Se suscitano qualche dubbio allora lo si può anche fare, con garbo. Intanto ho presente una frase dell’ enciclica “Fides et ratio” di Giovanni Paolo II: “La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità”.
Prendiamo il caso di santa Sinforosa, venerata a San Chirico Raparo. Celebrata la festa a luglio, quest’anno si è parlato anche di miracoli compiuti. Così almeno hanno riportato i giornali. Mi è sorto qualche dubbio. Ho così ripreso in mano i prestigiosi testi – quasi tutti con “imprimatur” ecclesiastico - sull’origine del culto dei santi e ho avuto la conferma di quanto già ricordavo. Le notizie su Sinforosa sono collegate alla vita di san Sebastiano, martire verso il 302-304 sotto Diocleziano. Mentre però di lui già parlano la “Depositio Martyrum” del 354 e gli “Atti”, impropriamente attributi a sant’Ambrogio, di lei si accenna soltanto nella “Passione di Sebastiano”, scritta nel V secolo.
E’ bene ricordare che una Passione è un vero e proprio romanzo che raccoglie “intorno alle avventure del protagonista numerosi episodi, alcuni dei quali mettono in scena martiri storici i cui nomi provengono dai martirologi, dai calendari e dalla toponomastica romana, mentre in altri troviamo dei personaggi sconosciuti fini a quel momento” [Brown].
Ora, nella prima parte di detta Passione si narra che Sebastiano, ufficiale apprezzato dall’ imperatore, riesce a convertire molti di coloro che lo circondano, tra cui “Claudio, archivista, Sinforosa sua moglie, Felice e Felicissimo [chiamato anche Sinforiano], loro figli”. I convertiti dall’ufficiale sono in tutto sessantotto e vengono battezzati dal prete Policarpo. Fin qui le notizie storiche certe. La “Legenda Aurea” , un bellissimo testo del Duecento, parla soltanto di un san Sinforiano (=Felicissimo), scultore che, per essersi rifiutato di scolpire un idolo per Diocleziano, viene chiuso in una cassa di piombo e gettato in mare (questo è uno degli espedienti narrativi adottati da un ’autore quando non conosce il luogo in cui è avvenuto il martirio; altre acque che accolgono i corpi martoriati sono per antonomasia quelle del Tevere, come si dice anche dei Sette Martiri Tiburtini dalla leggenda popolare ritenuti figli di Sinforosa.
Per quanto abbia cercato, non ho trovato la “Passio Sanctae Sympherosae” di cui parlano vari scritti popolari o documenti presuntivi. Veri sono, invece, i martirologi (=elenchi di martiri), a quel tempo posseduti da ogni chiesa. Ad un certo punto essi divennero così tanti che nel 1586 Papa Gregorio XIII li fece confluire in un’unica raccolta, detta Martirologio Romano, operando prima una scrematura di nomi. Esso è stato sottoposto a varie revisioni e snellimenti, l’ultima delle quali è recente. Il testo, curato dalla CEI, è stato promulgato nel 2001 da Papa Giovanni Paolo II. E santa Sinforosa?
Va detto che Passioni e leggende, assieme all’alto numero di reliquie, sono state elaborate come strumenti utili alla formazione del culto dei martiri, uomini che hanno conosciuto l’intimità di Dio. Ciò che è successo dopo ad opera degli ecclesiastici risponde a questa logica. Miracoli compresi. Cosicché per credere a tutto occorre un atto di fede. E sappiamo che la Chiesa ha fatto della Fede la piattaforma su cui poggiano la Speranza e la Carità.
I fedeli di San Chirico Raparo vanno a Sinforosa perché spinti anche dalla Speranza in quanto “molti punti della loro vita sono edificati sulla certezza della Speranza”, come dice san Paolo. Ma nei loro confronti perché non viene esercitata la Carità nel raccontare le cose come sono andate? Tanto non muterebbe la loro fede perché, per quanto ingenua la si voglia considerare, ciò che conta è che la fiducia nutrita verso Sinforosa “è più forte di qualsiasi evidenza”.
Dopo questa riflessione io, circonciso nel cuore, ripeto con Paolo “giustificato dalla fede, conservo la mia pace”.
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