Il Qualunquista .- MI VERGOGNO - 03.08.08:
Mi vergogno.- Vorrei scrivere una lunga nota per gli uomini più miseri. Vorrei scriverla nella loro lingua, ma non ci riesco perché è impossibile imitare lo spirito della miseria, imitare il suo linguaggio. Bisognerebbe essere miseri o più precisamente vivere nella miseria per capirne il significato. Ma provare vergogna di fronte ad uno spettacolo di miseria e di feroce sfruttamento, questo è possibile.
Mi vergogno vedere ogni anno le condizioni di vita in cui vengono tenuti i raccoglitori-miseri chiamati a cogliere i pomodori nella piana di Palazzo San Gervasio. Noi, profumati di doccia, “non sappiamo” che a quei raccoglitori-miseri è dato soltanto un sifone da cui attingere, a turno, l’acqua per bagnarsi il viso. Noi, puliti nell’intimo con soap per pelli delicate, “non sappiamo” che a quei raccoglitori-miseri è dato appena qualche bugliolo con la libertà, in alternativa, di provvedere ai propri bisogni nei campi a cielo aperto. Noi, ben riposati su un materasso consigliatoci dalla TV per la sua efficacia seducente che ci aiuta a fare meglio all’amore e a dormire per sognare, “non sappiamo” che quei raccoglitori-miseri dormono per terra o su brandine sgangherate ammucchiati in capannoni fetidi. Noi, pronti a scendere in piazza pieni d’ira alla minaccia di una riduzione di un nostro privilegio, “non sappiamo” che quei raccoglitori-miseri vengono pagati un quarto del dovuto.
Ma che cosa pretendono? Essi non sono italiani! Sono di colore e comunque discendono da quel Cam, figlio di Noè, che fu maledetto dal padre con la frase “schiavo degli schiavi sarai per i tuoi fratelli” (Genersi 9, 25), frase che è servita ai puritani schiavisti d’America.
Mi vergogno nel non vedere i sindacati scendere in piazza coi loro vessilli folklorici, coi loro slogan ad effetto pneumatico per proclamare dai microfoni che essi nei confronti di tali raccoglitori-miseri realizzano in pieno il detto evangelico “a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha” (Marco 4, 25). Ascoltare questo sarebbe un momento di rara sincerità.
Mi vergogno del silenzio della chiesa locale. Per secoli è stato insegnato che dei poveri è il regno di Dio. Di quel Dio però che ha mandato Cristo suo figlio ad abitare tra noi. Questi raccoglitori-miseri di Palazzo San Gervasio sono figli di Allah e cioè di un dio estraneo (fino a quando?) al nostro orizzonte culturale ed esistenziale. Ed allora perché parlare della loro attuale condizione disumana? Io però sono sicuro che la miseria di questi uomini trova sfogo anche nel Dio che in ginocchio pregano a più riprese durante il giorno. E lo fanno perché, in quanto miseri, hanno il segreto della speranza.
Mi vergogno vedere gli uomini del potere regionale e provinciale parlare diffusamente di possibili azioni solidali con lo stesso tono di quei malati guariti che non ti risparmiano nessun particolare della loro malattia passata e sono prodighi di consigli e raccomandazioni. Succede questo perché essi hanno una vaga cognizione di che cosa significhi “miseria”. Potrebbero apprenderlo guardando senza la lente dell’ottimismo la storia non remota dei 131 paesi lucani. In molti di essi la miseria la sapevano a memoria anche le pietre. Certamente questi uomini parlano di solidarietà e quando lo fanno sembrano perfino mossi da un misterioso moto interiore, ma le loro parole non generano un gran bene perché sono soltanto una specie di starnuto della volontà politica.
Mi vergogno per aver visto cadere nel vuoto il mio tentativo di sensibilizzare una cooperativa giovanile votata, per Statuto, al volontariato. Mi sono sentito dire che “quei negri di Palazzo sono abituati a lavorare così (cioè come bestie) e gran parte sono pure delinquenti”. E giù a ridere! Ma come mai non provano vergogna allo spettacolo di quegli “ignorati”, incomprensibilmente privi di ciò che a tutti loro, signorini armati di telefonino, internet e grande fratello, non è mai mancato, anche solo per un attimo?
Contrariamente a quello che di solito temono i moralisti, i borghesucci, sindacalisti o preti o politici o giovani che siano, la vera miseria non trova sfogo nel crimine, e non porta né al male né al bene: la vera miseria è senza sfogo. Ce lo ricorda Gorges Bernanos. Quei raccoglitori sono venuti in Occidente per riscattarsi dalla miseria, dalla disperazione feroce e contagiosa dei miserabili. Ma qui, a Palazzo San Gervasio, vengono murati nell’inferno dello sfruttamento e del silenzio. E nel degrado umano. Mi vergogno.
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