
10.08.08
E’ estate. Diamo un morso al cocomero. L’aria opprimente rende le donne più lascive e gli uomini più molli perché il caldo prosciuga il capo e le ginocchia. E’ la festa della spensieratezza. Bagniamo i polmoni di mare. Intanto…
I vecchi ad ogni alba stanno seduti sull’orlo del letto, sotto i piedi hanno il pavimento freddo. A giorno fatto stanno seduti su una panchina, sopra il capo hanno il cielo in attesa. Con la testa china guardano contenti il pavimento che dà loro la certezza di essere ancora vivi. Sbirciano il cielo e gli sputano parole per dirgli di voler continuare a guardare questa terra. E intanto tra loro si raccontano i passati raccolti avari, si lamentano della pensione sempre misera e di altre cose che per dirle bastano poche parole. E tacciono. Sono vecchi. E’ rimasto loro un po’ di pavimento, una panchina e un pezzo di cielo. Le parole dei ricordi, le parole del proprio lavoro di un tempo, le parole di padre, le parole degli amori golosi e furtivi: finiscono tutte nell’imbuto del Tempo che giorno dopo giorno scolora il cuore.
Vecchio, la prospettiva di un sollievo lo fa incontrare con gli amici. Ma siccome la gran parte di loro è diventata “insopportabile”, è meglio sedere per ore davanti alla TV. Ma siccome la gran parte dei programmi è diventata “insopportabile”, dopo aver inseguito le avventure di Montalbano, spiato nella sacrestia di don Matteo, dopo essersi commosso alle disgrazie delle famiglie delle soap sudamericane, dopo aver esaurito risate per la corrida, emblema dell’ambizione di un minuto di celebrità , dopo aver chiuso la valigia dei sogni in cui ha pescato qualche antico film d’amore, dopo tutto questo che fare? Che fare per mantenere la propria identità stabile e coerente, per salvaguardare la propria immagine agli occhi degli altri, per superare le difficoltà che accompagnano la sua povertà, la sua angoscia silenziosa e che nessuno vuole vedere e capire?
La vecchiaia è come un dolore cronico che mai medicina è riuscita a guarire. Non si sa mai se sarà a lungo termine. Ma è pur sempre nemica. Certo, è’ duro rinunciare alle antiche prerogative. Ora non si hanno più le forze per esercitarle. È duro non condurre più la vita familiare. Ora si è lasciati in un angolo della casa. E’ duro dover cambiare i ritmi del lavoro. Ora si è in pensione. Adesso si “deve” soltanto intraprendere la “carriera” di vecchio, costellata di passaggi più o meno prevedibili: malattie vere e ingigantite per attirare attenzione, malattie immaginarie che fanno compagnia, emarginazione, silenzio.
Il “dolore della vecchiaia” è sempre in attesa di una diagnosi gli confermi a chi lo vive la dignità di essere ancora un uomo. Vi è però l’inesorabilità di questa nostra cultura: il mercato pensa al vecchio soltanto come consumatore passivo; la scuola non ha nessun modulo didattico per insegnare che un vecchio non è quel niente che sopravvive a qualcosa; qualche sindacato lo utilizza per far numero (la maggioranza dei suoi iscritti è fatta di pensionati); la chiesa locale ha attenzione soprattutto per la solitudine dei giovani ( ! ) e c’ è poi l’implacabile indifferenza della quasi totalità dei nostri i sindaci i quali si ricordano della sua esistenza in occasione delle elezioni e, per acquietarsi la coscienza, inventano qualche iniziativa estiva in suo favore. In sostanza: tutti insieme agiscono concordi nel relegare il vecchio nel limbo del vuoto sociale e della ridotta dignità della persona. Vogliono che in lui non rimanga viva la certezza di continuare a capire. Quanto ipocrisia!
E’ anche triste, inoltre, il silenzio omissivo della stampa locale che non ha pubblicato quella notizia del CENSIS, dell’Istituto di Statistica, di Sole 24 ore secondo cui la Basilicata è al secondo posto in Italia per i suicidi degli anziani compresi nella fascia di età 60-80 anni. In compenso hanno pubblicato, con enfasi, che Potenza è al secondo posto, dopo Milano, per il numero dei telefonini cellulari!
Ma quando finalmente tutt’insieme penseranno che la vecchiaia è un’umanità su cui ragionare seriamente, agire concretamente e inscrivere in una prospettiva di risoluzione dei problemi ad essa connessi? Quando gli uomini del palazzo ridurranno di un poco il loro tempo a discutere sul sesso della politica, diventata come il sesso degli angeli che, si sa, per natura non hanno sesso? Quando si distrarranno un poco dal mordere goloso le fette di cocomero del potere e guardare i Lazzaro ai margini del loro banchetto?
E’ estate e le mie parole si scioglieranno al sole. Per conto mio, che non sono più giovane, dico che non basta consolarmi col profumo della terra quando comincia a piovere.
I vecchi ad ogni alba stanno seduti sull’orlo del letto, sotto i piedi hanno il pavimento freddo. A giorno fatto stanno seduti su una panchina, sopra il capo hanno il cielo in attesa. Con la testa china guardano contenti il pavimento che dà loro la certezza di essere ancora vivi. Sbirciano il cielo e gli sputano parole per dirgli di voler continuare a guardare questa terra. E intanto tra loro si raccontano i passati raccolti avari, si lamentano della pensione sempre misera e di altre cose che per dirle bastano poche parole. E tacciono. Sono vecchi. E’ rimasto loro un po’ di pavimento, una panchina e un pezzo di cielo. Le parole dei ricordi, le parole del proprio lavoro di un tempo, le parole di padre, le parole degli amori golosi e furtivi: finiscono tutte nell’imbuto del Tempo che giorno dopo giorno scolora il cuore.
Vecchio, la prospettiva di un sollievo lo fa incontrare con gli amici. Ma siccome la gran parte di loro è diventata “insopportabile”, è meglio sedere per ore davanti alla TV. Ma siccome la gran parte dei programmi è diventata “insopportabile”, dopo aver inseguito le avventure di Montalbano, spiato nella sacrestia di don Matteo, dopo essersi commosso alle disgrazie delle famiglie delle soap sudamericane, dopo aver esaurito risate per la corrida, emblema dell’ambizione di un minuto di celebrità , dopo aver chiuso la valigia dei sogni in cui ha pescato qualche antico film d’amore, dopo tutto questo che fare? Che fare per mantenere la propria identità stabile e coerente, per salvaguardare la propria immagine agli occhi degli altri, per superare le difficoltà che accompagnano la sua povertà, la sua angoscia silenziosa e che nessuno vuole vedere e capire?
La vecchiaia è come un dolore cronico che mai medicina è riuscita a guarire. Non si sa mai se sarà a lungo termine. Ma è pur sempre nemica. Certo, è’ duro rinunciare alle antiche prerogative. Ora non si hanno più le forze per esercitarle. È duro non condurre più la vita familiare. Ora si è lasciati in un angolo della casa. E’ duro dover cambiare i ritmi del lavoro. Ora si è in pensione. Adesso si “deve” soltanto intraprendere la “carriera” di vecchio, costellata di passaggi più o meno prevedibili: malattie vere e ingigantite per attirare attenzione, malattie immaginarie che fanno compagnia, emarginazione, silenzio.
Il “dolore della vecchiaia” è sempre in attesa di una diagnosi gli confermi a chi lo vive la dignità di essere ancora un uomo. Vi è però l’inesorabilità di questa nostra cultura: il mercato pensa al vecchio soltanto come consumatore passivo; la scuola non ha nessun modulo didattico per insegnare che un vecchio non è quel niente che sopravvive a qualcosa; qualche sindacato lo utilizza per far numero (la maggioranza dei suoi iscritti è fatta di pensionati); la chiesa locale ha attenzione soprattutto per la solitudine dei giovani ( ! ) e c’ è poi l’implacabile indifferenza della quasi totalità dei nostri i sindaci i quali si ricordano della sua esistenza in occasione delle elezioni e, per acquietarsi la coscienza, inventano qualche iniziativa estiva in suo favore. In sostanza: tutti insieme agiscono concordi nel relegare il vecchio nel limbo del vuoto sociale e della ridotta dignità della persona. Vogliono che in lui non rimanga viva la certezza di continuare a capire. Quanto ipocrisia!
E’ anche triste, inoltre, il silenzio omissivo della stampa locale che non ha pubblicato quella notizia del CENSIS, dell’Istituto di Statistica, di Sole 24 ore secondo cui la Basilicata è al secondo posto in Italia per i suicidi degli anziani compresi nella fascia di età 60-80 anni. In compenso hanno pubblicato, con enfasi, che Potenza è al secondo posto, dopo Milano, per il numero dei telefonini cellulari!
Ma quando finalmente tutt’insieme penseranno che la vecchiaia è un’umanità su cui ragionare seriamente, agire concretamente e inscrivere in una prospettiva di risoluzione dei problemi ad essa connessi? Quando gli uomini del palazzo ridurranno di un poco il loro tempo a discutere sul sesso della politica, diventata come il sesso degli angeli che, si sa, per natura non hanno sesso? Quando si distrarranno un poco dal mordere goloso le fette di cocomero del potere e guardare i Lazzaro ai margini del loro banchetto?
E’ estate e le mie parole si scioglieranno al sole. Per conto mio, che non sono più giovane, dico che non basta consolarmi col profumo della terra quando comincia a piovere.
[Foto di Gianni Santilio]
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