27.07.08
Inizio la mia collaborazione a Il Quotidiano in qualità di qualunquista. Nella tabella
professionale dei giornalisti questa qualifica non c’è. Manca anche in quella del sindacato. Purtroppo? Attenzione però: non si tratta di una nuova professione, ma di qualifica che viene indirizzata con ironia a qualcuno quando non si è d’accordo con lui o con sarcasmo allorché non si condivide la sua visione ideologia della vita, diversa, ovviamente, da chi è sarcastico. Io me la attribuisco da solo.
Sono dunque un qualunquista e cioè con un “atteggiamento scarsamente cosciente o impegnato, scettico, e disfattista in politica” (Devoto), e anche, colui che “manifesta idee analoghe a quelle del qualunquismo” (Treccani). Da notare: il qualunquista spesso ama citare fonti dotte per rafforzare le proprie affermazioni che crede intelligenti..
Questa mia confessione pubblica non mi è costata perché non amo il perbenismo. A ciò si aggiunga che non sono intelligente. Ho sempre evitato un mio collega psichiatra per il timore che valutasse il mio QI (Quoziente Intellettivo). Ho svicolato alla vista di un filosofo per la sua capacità dialettica di farti sentire sempre l’ultimo della classe in contrapposizione a lui che afferma di esserne il primo. Ho scansato il collega di psicologia per paura che mi mettesse davanti uno specchio in cui riflettere il mio narcisismo. Questa è gente da evitare perché ti fa credere di essere uno e trino o con personalità sdoppiata o altre cose che ti tolgono il sonno. Sono e voglio essere un qualunquista o, se si preferisce la citazione colta, “un uomo senza qualità” (Musil).
Di che cosa scriverò su queste colonne? In questo nostro tempo già agitato, dove è sempre più difficile sostare anche un momento, vorrei soffermarsi preferibilmente su fatti minuti perché ogni piccolo fatto è di questo mondo ed è importante anche quando pretende di non essere piccolo o viene sopraffatto dal grande fatto. Perché questa scelta? Perché il fatto minuto spesso è il luogo della autenticità folgorante o il residuo di verità sommerse e, comunque, è un grumo che non può ingrandirsi senza deformarsi e impoverirsi di significato. Il fatto minuto può essere considerato una scheggia preziosa del grande pianeta della mentalità televisiva da noi abitato, fatto che si rivela nelle sue qualità ora vivaci, ora oscure, ora paradossali, spesso generatrici di luoghi comuni.
Il Direttore mi ha accettato come sono, pensando fra sé - presumo – “oh, ecco uno che non proviene da un master in giornalismo! Toh, eccoti uno che non si presenta come un Biagi o un Montanelli redivivo!”
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