giovedì 30 gennaio 2014

      
UNA DANZA PER LEDA - Qualcuno dice che il dolore è nei ricordi. E' un'affermazione che ancora oggi mi lascia perplesso. Certamente è vero se il ricordo riguarda fatti drammatici. E uno di questi è, lo sappiamo, la shoà. "Che cos'è?", mi ha chiesto uno studente universitario che non legge giornali, non vede telegiornali, non ama la storia e si è iscritto all' Università "per colpa" del padre. In sintesi glielo spiego citandogli anche qualche film. Quando ho finito, riferendosi ai campi di sterminio, mi fa, con aria tra il serio e il faceto: "I campi di concentramento? Una specie di isola dei famosi alla rovescia?" Mi vergogno a dirlo ma per un istante un vortice di sentimenti non pacifici voleva sconquassarmi il cervello. Interviene la sua ragazza, anch'essa a Lettere, con una battuta che nelle intenzioni voleva attutire quanto appena ascoltato: "Eh, si! Mo' per te le camere a gas erano come le stanze del grande fratello", e giù una risata. Kafka è tornato tra noi, ho pensato. Forse rimarrebbe impietrito a tanta incosciente e macabra assurdità. Che pure rivela una mentalità. Che pure rivela una superficialità. Che pure rivela una spudoratezza. Già, ma il pudore bisogna conoscerlo per trasgredirlo. Già, la coscienza galleggia alla superfice delle cose quando è sopita. Gia, la mentalità di molti giovani è rivestita di 'effimero.
Depongo questo calice amaro e vado con il ricordo a Nino Rota. Un ricordo doloroso, ma in una cornice diversa. Lui non era ebreo. Era timido ma se ti fissava, il suo sguardo ti arrivava fin dentro le midolla. Ci trovammo a cena in una bettola romana (ancora esistevano allora) dalle parti del Colosseo. Me lo aveva presentato Vittorio, un mio amico romano di sette generazioni e di gran cuore. Ancora più di lui era sua madre, che si trovò a passare davanti a noi, seduti al tavolino all'aperto – era d'estate -, assieme ad una donna dalla bellezza sfiorita ma dal profilo da antico cammeo eburneo. Era Leda. Notai sul suo braccio i numeri incisi. Lei mi fissò senza nascondere quel braccio alla mia vista. Nino le sorrise. Quando seppe che lui "era quello che faceva la musica dei film", disse immediata: "A Ni', perché nun scrivi 'na bella musica per noi che semo tornati? 'Na musica allegra però..Tanto, de pianti n'avemo già fatto tanti!"
Lei era una delle poche persone sopravvissute alla retata romana del 16 ottobre del 1943. Allora era una ragazzina ma le SS l'avevano messa nel mucchio e caricata sul treno per l'Austria. Era bastato un solo treno merci con 1007 ebrei e 20 uomini di scorta. Lo avevano spiombato a Mauthausen. A dare quest'ordine era stato lo stesso Hitler, ("Quell' infame fijo de 'na mignotta", lo apostrofò  Leda). Lui non li volle mandare nei campi ai lavori forzati, come gli aveva suggerito l'ambasciatore tedesco a Roma, no, li aveva mandati direttamente nel campo perché "gli ebrei italiani devono essere immediatamente e totalmente eliminati". Così aveva telegrafato a Kappler, comandande della piazza di Roma
"Io sto' ancora qua, ah Ni', sono viva e con dodici figli, alla faccia di quel trucido!" Nino ed io temevamo che attaccasse la geremiade delle sofferenze subite. Ma no, lei era una donna allegra. Vittorio la sollecitava a dirci con quali mezzi viveva. Viveva con un po' di contrabbando di sigarette e altri traffici al limite della legalità ma, ci teneva a dirlo, "io so' 'na donna onesta", intendendo che non amava il commercio del sesso. Il discorso continuò per qualche minuto. Lì, davanti a noi, con quel numero macabro sul braccio, ci confermava di aver ricominciato a vivere nel labirinto della vita con le sue speranze, errori, dolori, sforzi, propositi e ancora nuove speranze. Ci confermava di essere ancora se stessa. Anche se il silenzio di Dio l'aveva insidiata.
Nino Rota le promise di comporre una danza. Con repentino slancio lei baciò la sua fronte facendo arrossire la sua timidezza. Arrivò la composizione: era l'omaggio ad un essere vivente che aveva varcato la soglia dell'assurdo ed era ritornata alla vita, (quel manoscritto l'ho donato al Museo della Memoria).
A quello studente e a quelli come lui voglio ricordare: quanto è orribile l'ignoranza spalmata di miele!

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