domenica 20 giugno 2010

COINCIDENZE PERICOLOSE


Il problema non è il reato ma la notizia del medesimo. Soprattutto se a darla è un giornalista. Questo si pensa in Italia. Ma chi dovrebbe dare la notizia se non lui che per mestiere ne va a caccia? Eliminiamo lui ed elimineremo la notizia così tutti dormiremo sonni tranquilli. Beh, non esageriamo, questo non si può fare. Una democrazia, per quanto incompiuta e formale come la nostra, ci tiene a salvare la faccia! E’ più igienico inveire contro di lui e, se possibile, farlo parlare a comando. Qualche esempio? Don Silvio, che non riesco ad immaginare con in testa il cilindro ma con la coppola (ora divenuta familiare anche in Lombardia), urla dalla Tv: “La stampa italiana dipinge un’Italia che non è quella reale (…). Bisognerebbe non avere una opposizione o dei media che tutti i giorni cantano la canzone del pessimismo, del disfattismo, del catastrofismo”. Ho il sospetto che la frase sia incompleta. Manca, forse: “…e delle offese al Premier”.
Strane coincidenze: l’art. 5 della Legge n. 2008 del 25, nov. 1926, IV E.F. (Era Fascista), conteneva gli stessi concetti e quasi le stesse parole. Infatti esso tendeva a reprimer ogni forma di “disfattismo, propaganda antinazionale, menomazione del prestigio nazionale all’estero e offese al duce”. Il giornalista trasgressore era “punito con la reclusione da cinque a quindici anni, e con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici”.
Beh, don Silvio è stata un po’ magnanimo: con la nuova legge – se passa – il giornalista che ha rivelato “indebitamente notizie inerenti ad atti e o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto” sarà “punito con la reclusione da uno a cinque anni” (modifica in corso dell’ art. 379-bis del Codice Penale).
Tanto rigore non lo previde neppure l’art. 10 dell’editto di Carlo Alberto, emanato il 4 marzo 1848 per frenare i cosiddetti “eccessi giornalistici” sulla pubblicazione di atti giudiziari.
Qualcosa di identico a quel che sta succedendo oggi avvenne alla fine dell’Ottocento. Se il responsabile politico fu l’allora presidente del consiglio, Luigi Pelloux, generale reazionario, a peggiorare un suo disegno di legge contro la stampa da presentare alla Camera dei Deputati fu un parlamentare lucano. Un certo avv. Pasquale Grippo.
Inquadriamolo con qualche notizia biografica per meglio capirlo. Era nato a Potenza nel 1845 in una famiglia umile ma, grazie alla sua intelligenza, riuscì a diventare uno dei più brillanti avvocati del Foro di Napoli. Fece il professore universitario per qualche anno. Poi decise di dedicarsi al
diritto civile e diventò uno dei più importanti cassazionisti d’Italia. Poi decise di dedicarsi alla politica. Prima fu assessore al Comune di Napoli, poi Presidente della Provincia di Potenza, poi Deputato in Parlamento. Alla Camera vi rimase per ben ventinove anni, dal 1890 al 1919! Da iniziale uomo di sinistra si spostò su posizioni di centro destra. Egli giustificò la metamorfosi come ”crisi ideologica”. I maligni dissero che fece questo perchè era un “uomo freddo, arido di sentimento, attaccato al danaro”.
Di sicuro si schierò dalla parte di Francesco Crispi e lo salvò dall’arresto, richiesto dalla magistratura e dall’ opposizione. Crispi era uno dei principali imputati nel processo per il grande scandalo della Banca Romana
Come presidente della commissione d’inchiesta parlamentare, Grippo elaborò una articolata relazione ricca di sofisticati argomenti giuridici coi quali convinse il Parlamento a comminare all’ imputato soltanto la ‘censura politica’. Non poco importanza poi egli ebbe sulla conclusione del processo ai numerosi onorevoli imputati coinvolti nello tesso scandalo: tutti assolti perché durane il processo “erano stati sottratti da ignoti importanti documenti”. Alcuni dei quali furono pubblicati da giornali. I giornalisti responsabili caddero presto…nell’oblio.
Quando il governo di Luigi Pelloux, dunque, nel febbraio del 1899 presentò alla Camera tre disegni di legge liberticide miranti a vietare la libertà stampa, il diritto di sciopero, di associazione, Grippo ne fu il relatore. Egli rese più severo il testo del governo e per la stampa suggerì una modifica importante: cancellare la responsabilità dell’editore e farla “ricadere per intero sull’autore dell’articolo incriminato o, in mancanza di questi, sul direttore del giornale”. In sostanza mirava ad affrancare gli editori dei quotidiani, molti dei quali erano parlamentari. La colpa di quanto pubblicato doveva ricadere soltanto sul giornalista.
La modifica suggerita fu approvata dal governo. I disegni di legge e le modifiche apportate erano derivate dalle pressioni del re, Umberto I, e dei conservatori: il primo mirava a rafforzare il proprio potere, i secondi sollecitavano una revisione totalitaria delle libertà costituzionali. Inaspettatamente per Pelloux e Grippo, i disegni di legge furono bloccati dalla reazione dei socialisti, radicali e repubblicani con lo strumento dell’ostruzionismo, che per la prima volta entrò nel Parlamento italiano. La legge non passò e provocò addirittura una crisi di governo. ALLORA... [20.06.2010]

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