mercoledì 16 novembre 2022

IL MAIALE

 


Ci piace avere spesso in bocca  salsiccia e il prosciutto.  E siamo  esigenti nel pretendere che siano  di buona qualità.   Anche  la sua carne è buona e di lui non si butta niente. Eppure di lui  parliamo male: il maiale.  Ci attira e ci respinge allo stesso tempo. E’ stato appurato che è un parente stretto dell’uomo, come la scimmia e l’orso. Per tale motivo  non pochi studiosi  lo qualificano come “nostro cugino”.

Lo abbiamo addomesticato tra il VII e VI millennio a.C. al tempo in cui inventammo l’agricoltura.  Avvenne in alcune zone dell’Asia. Già erano stati addomesticati i cani, i caprini, ma lui diventò  l’unico animale da allevare  per mangiarlo. Si capì subito che conveniva  perché non richiedeva molte cure,  si riproduceva velocemente, aveva una carne gustosa e ricca.

I primi allevamenti ’intensivi’  si ebbero in Cina. Nella nostra cultura egli entrò con Omero (Ulisse, tornato a casa, sacrifica un maiale); La poesia e il teatro greco contengono bellissime descrizioni  del suo ruolo rituale. Virgilio dice che Enea fondò la sua città nel luogo segnato da un maiale. Eppure  gli antichi egizi lo vietarono per motivi religiosi. A ruota lo fecero pure gli ebrei e poi i mussulmani: per loro è ancora  un animale impuro. Il cristianesimo – oddio! – lo elevò a simbolo della lussuria! a famiglio delle streghe! Nel contempo però lo ha posto sotto la protezione di sant’Antonio abate assegnando a lui  il ruolo di animale domestico e al suo grasso qualità  terapeutiche (guarisce dal male di sant’Antonio) .

In Basilicata il maiale non è stato soltanto “cugino” ma anche  “padre nutritore” per il suo fornire  carne, unica, alla famiglia contadina.

(continua)

 

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