lunedì 14 marzo 2022

IL LUTTO

 


Ero ragazzino ma ancora ricordo quando un carabiniere arrivava in una casa contadina per informare che il giovane figlio soldato era  morto in Russia.

Esplodeva il dolore: le bocche urlavano, le unghie graffiavano le guancia,  i pugni tambureggiavano la testa. Subito la casa si riempiva di gente  gemente. E chi non piangeva allora?

Noi ragazzini ci aggrappavamo alla gonna di mamma e di li spiavamo ad occhi spalancati e pieni di paura per quegli  strazi. Il vicinato era lì a consolare. Ma come consolare una madre che aveva perso suo figlio, ucciso chissà dove? Che significava “in Russia”? Non era casa sua. E sentivi quella madre maledire per mille e mille anni chi lo aveva mandato a sparare altri figli di mamma  in mezzo a quella neve che non finiva mai.

 Cosa dire al padre che si raggomitolava in un angolo della casa per dire in silenzio che  quel dolore era  suo e che nessuno glie -ll doveva levare. Piegava il capo senza rialzarlo a lungo  per soffocare il pianto che aveva in gola mentre soffiava a intervalli  il nome di suo figlio morto e di Gesù Cristo, non per metterli insieme in una preghiera di pietà e di consolazione ma per confermare il suo amore per il primo e la sua rabbia contro il secondo, crudele, che lo aveva portato via…14-03.21

 

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