17 GENNAIO: sant’Antonio Abate. Con questa festività inizia il carnevale. E’ sorprendente che proprio questo santo stia a capo di un periodo festivo tanto profano! Strano, perché lo spirito e le pratiche proprie di tale periodo sono esattamente il rovescio dello spirito e delle pratiche di vita dell’ Eremita. Infatti: Egli visse in una tomba per vent’anni, poi passò in una grotta del deserto, la quale divenne il suo speciale sepolcro in cui giacere “morto” al resto del mondo e nel contempo “vivo” alla percezione del silenzio di Dio.
Carnevale spinge, invece, ad uscire dalla “tomba” del perbenismo quotidiano, delle convenzioni sociali, delle regole di ogni giorno, dell’educazione generalmente chiamata ‘buona’, per rendere gli esseri umani “vivi” con i rumori della trasgressione, comunque intesa.
Antonio visse per combattere le “tre voci” del corpo, ritenute nemiche dell’anima: la “voce naturale” del cibo e delle bevande, che portano alla rilassatezza morale. Per vincerla, Egli si cibò di pane, acqua ed erbe. Carnevale, invece, spinge a crapule alimentari senza silenzi.
Poi la “voce degli assalti dei demoni” al basso ventre, sempre vigile coi suoi richiami incantatori. Egli la vinse col dolore del flagello. Carnevale, invece, dà sfogo alla pubblica lascivia della lingua e ravviva il sesso usato come strumento che strappa le fasce della morte e si erge contro la morte.
Poi la “voce dell’adiaforia”, che nel deserto tende a far crollare i confini dell’umano e del bestiale portando a vivere come bestia selvatica perché tutto diventa insignificante. Egli la vinse col ferreo autocontrollo per disciplinare il difficile equilibrio fisico e spirituale. Carnevale, invece, fa emergere, nudi, gli istinti rompendo ogni equilibrio, pur se per pochi giorni.
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