giovedì 22 aprile 2021

MESTIERI DI UN TEMPO

 Sentivi il suo grido ripetuto ad intervalli, “arrotino!”, ma di lui neppure l’ ombra. Nonna spiava dallo spiraglio della porta per vedere da quale vicolo sbucasse quella ciarrabatta con pedale, cinghia di trasmissione, mola che a girare faceva z.z.z. e saettava un po’ di scintille. Da vicino quel sibilo ti pungeva le orecchie. Era proprio antipatico e teneva distanza le donne col loro coltello da arrotare. I bambini no, loro si avvicinavano per spernacchiare quel rumore che sulle loro bocche diventava zum-zum-zum e scansavano le scintille perché sapevano che non erano stelle. L’arrotino li scacciava, gli davano fastidio, gli toglievano l’attenzione. E, santa madonna, di attenzione ce ne voleva per non tagliarsi le dita o per ritrovarsi i coltelli arrotati a zig-zag. Le donne vedevano sempre qualche difetto a lavoro fatto. Era per tirane sul prezzo stabilito. Se proprio insistevano, petulanti all’infinito, allora ci scappava qualche santo dalla bocca dell’arrotino, e non certo per lodarlo. Alla bestemmia le donne si acquietavano un poco e pagavano e promettevano di non servirsi “maio più, ma proprio maio più” da lui. Bugia perché sapevano che lui era l’unico dei cinque paesi lì intorno. Ma soprattutto sapevano che al prossimo loro coltello che tagliava l’acqua in discesa ma non più il pane, loro, le donne sparagnine, avrebbero teso l’orecchio al grido ripetuto ad intervalli dall’arrotino….

 


 

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