sabato 23 gennaio 2021

IL CAGNOLINO DI DACHAU

 


           Vidi che alcuni compagni andavano verso il cancello d’ingresso per fare moine a un  cane, piccolo di taglia, fulvo e vivace, che ricambiava con guaiti di gioia. Stava li anche quando noi collegiali non eravamo nel cortile durante gli intervalli. Forse perché dalla cucina gli arrivava qualcosa da mangiare mattina e sera. Notai un particolare: Billy, così lo chiamavamo, alzava la testa e agitava la coda secondo il tono della voce del ragazzo che lo salutava. C’erano di quelli che gli facevano  soltanto un gesto con la mano. Distrattamente. Allora la coda rimaneva immobile. Con altri a lui simpatici, e viceversa, saltellava. Da me, per esempio, gradiva le coccole e quel poco di cibo che mi toglievo di bocca per darglielo, di nascosto. Allora la felicità gli era negli occhi.

In un intervallo mi sentii dire alle spalle “lo stai viziando”. Era il vocione del  Padre-vigilante  pronto a ricordarmi il divieto di farlo. Prima che riaprisse bocca ebbi la prontezza  di dire: “Padre, nelle Beatitudini Gesù si è dimenticato di dire una cosa, “Beati i cani che donano amore agli uomini e li consolano con la loro fedeltà.”

            Il Padre-vigilante mi guardò sorpreso, ma da gesuita custode della fede, replicò ironico: “Che altro si è dimenticato di dire Gesù nel discorso della montagna, così lo comunichiamo al Papa?”

Ed io, serio: “Non lo so, non ho letto tutto il Vangelo, però immagino che Dio stia seduto tra le nuvole circondato da una legione di cani che hanno reso felici gli uomini.”

“Ne hai di fantasia, tu!”

“Non è fantasia, Padre, non lo è…” e, temendo che reagisse alla mia contestazione quasi gridata e quindi proibita, attaccai in francese “Jétais dans un enclos. Les pas condenses des SS. avaient poulè mon univers….”

“Che stai dicendo, fatti capire.”

“E’ francese, Padre,  ora  lo dico in italiano così mi capisce.” Billy al di la del cancello mi incitava coi suoi guaiti. Allungai la mano sulla sua testa dicendogli ssssstttt! e  lui si acquietò mentre sottecchi vedevo il Padre-vigilante attendere incuriosito. Mi piantai davanti a lui come un alunno super sicuro  di dire la sua al maestro. “Jétais dans… Ero  in un recinto. I passi cadenzati delle SS. avevano calpestato il mio universo. Un giorno il capo delle guardie mi disse ‘nella mia stanza c’è un cane, puliscilo!’ Andai. Il cane che trovai era piccolo, nero, carino e … sazio. Guardai con invidia la sua scodella  piena! Eseguii l’ordine ricevuto. Alla cuccia del cane tornai ogni giorno. Dovevo pulirlo, e, se necessario, lavarlo, pettinarlo, curare e anche divertire. Era bello!  Piccolo, forse aveva un anno. Chissà. Non so di che razza fosse, non me ne intendo. Però si, era veramente piccolo: gioioso, capriccioso, pronto a fare  amicizia con tutti quelli che incontrava durante la passeggiata. Là dentro, nel campo, il tempo divorava le mie ore, ma il cagnolino con i suoi saltelli, le sue capriole, i suoi guaiti, mi aiutava a non piangere. Vedevo dagli occhi la sua felicità e lui vedeva la mia nei miei occhi quando stavo con lui. Credo che tutti i cani, più che farci compagnia,  aiutino a  farci dimenticare qualcosa, forse anche la sofferenza….”  Feci una pausa e poi: “E’ scritto nel diario di  mia Nonna.”

“Perché me lo hai raccontato?”

“Quel cane ha aiutato a vivere mia Nonna... Padre, un cane così non merita di stare accanto a Dio?”

Il Padre-vigilante, , esterrefatto, chiese: “E’ vera questa storia?”

“Vera come il Vangelo”, risposi e allungai di nuovo la mano a Billy che alle mie parole si era seduto in posizione di ascolto, immobile, in silenzio. Aveva capito anche lui?

 “Vuoi bene a Nonna?”

“Quando è tornata viva dal campo mi ha dato la felicità negli occhi,” e allungai una mano a Billy, che, affettuoso, la leccò. Allora il Padre-vigilante mi scompigliò i capelli, come faceva spesso Nonna per tenerezza: “Va’ a giocare coi tuoi compagni” e mi diede una leggera spinta verso il cortile. Billy abbaiò per salutarmi.


 

 

 

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